Ci sono rock bands che con un paio di hit vincenti diventano superstar famose in tutto il mondo, ed altre che lavorano sodo ma il successo lo sfiorano solamente. Nella seconda categoria mi vengono in mente nomi come Raging Slab, Fireball Ministry, Five Horse Johnson, e naturalmente i
Nashville Pussy.
Formatisi nel 1996, due anni dopo esordivano con l’acclamato “Let them eat pussy” e piazzavano un singolo nelle nomination al Grammy. All’epoca, con il mercato inflazionato da grunge, brit-pop e depressioni varie, il loro rock semplice e cafone, grintoso ed orecchiabile, pieno di donne, sesso, whiskey ed immaginario southern, era sembrato una boccata d’ossigeno. Aggiungiamo il look da “selvaggio west” e le due musiciste poppute e discinte, e la loro strada verso la gloria pareva spianata. Invece, proprio in quegli anni sbucavano come funghi formazioni che rispolveravano il vecchio, selvaggio, hard rock delle origini e la scena si frantumava in una miriade di vere e presunte “new sensation”.
Il quartetto di Atlanta non ha certo pianto sull’occasione sfumata, proseguendo nella sua onesta carriera fatta di buoni e piacevoli album e di continui tour in giro per il mondo.
E’ risaputo che questo tipo di “beautiful losers” mi è sempre stato simpatico, per varie ragioni. Stavolta però, i Nashville Pussy hanno accettato un’operazione che non mi entusiasma affatto.
Il presente doppio cd è composto da “From hell to Texas”, lavoro già pubblicato nel 2009, rimixato e con scaletta dei brani variata, più una raccolta di pezzi dal vivo registrati durante la successiva tournee europea. Il motivo sarebbe una sorta di preparazione dei loro fans oltreoceano al nuovo tour che sta per iniziare e che prevede anche un paio di date in Italia.
Con tutto il rispetto, visto l’indecente costo dei dischi (..perlomeno da noi..), mi sembra alquanto difficile che un appassionato già in possesso dell’album, vedi il sottoscritto, se lo ricompri in versione doppia per guadagnarci una manciata di canzoni live, oltretutto ben note.
Casomai, potrebbe essere di qualche interesse per chi non li conosce e vuole gustarsi ritornelli alcoolici, voce granulosa e tanto, tanto groove.
Resto comunque dell’opinione che, di questi tempi, sono uscite di cui possiamo tranquillamente fare a meno.
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