Ricordo che quando il sottoscritto acquistava, appena usciti, i primi due album dei tedeschi
Necronomicon, alle nostre latitudini li conoscevamo in quattro gatti. Era la metà degli anni ’80, quando la prima travolgente sbornia di thrash metal si stava esaurendo e cominciava la seconda fase, meno viscerale e molto più tecnica e articolata. Però questo gruppo di giovanissimi si ispirava ancora allo stile originale, tutto istinto e rabbia, velocità e cattiveria, con quel pizzico di attitudine punk-anarcoide che si era già diluito anche nelle bands della prima ora. Possiamo quindi dire che i Necronomicon sono emersi dall’oscurità troppo tardi, per ottenere il successo che forse si auguravano.
Così, dopo il terzo lavoro “Escalation” del 1988, “Freddy” e compagni erano spariti dalla circolazione, semi-ufficialmente sciolti e concretamente dimenticati come tanti altri nomi “minori”.
Negli ultimi anni abbiamo però scoperto che nella musica heavy non si butta via niente. Prima o poi tutto può tornare utile, grazie alla
fregola di revival che sta tenendo in piedi un mercato in cui le vere novità si contano su una mano sola. Perciò, dopo un isolato tentativo negli anni ’90, col nuovo millennio i thrashers germanici sono tornati in piena attività, anche loro immancabilmente presentati come fondamentale “cult-band”.
Al di là delle roboanti definizioni pubblicitarie, questa era e rimane una onesta formazione di secondo piano, buoni esecutori all’interno del filone scelto all’origine..
A ben vedere, il nuovo disco ha tutto ciò che serve. Riff al vetriolo, velocità assassina, folgoranti assoli e la particolare voce di Fredrich, da sempre marchio distintivo dei Necro, come li chiamano i vecchi fans. Produzione ottima, anzi a mio avviso sin troppo pulita e moderna specie per quel che riguarda la batteria. Ovviamente non mancano i testi con il solito bagaglio di demoni, possessioni, tormento, sangue e demenza, che ci accompagna da molte decadi. I brani sono aggressivi e sferzanti come si conviene, meno epidermici rispetto al passato ma realizzati con esperienza e professionalità infinitamente superiori. In sostanza si tratta di lavoro in grado di soddisfare sia chi già li conosce e sia chi vuol sentire all’opera un quartetto di capaci veterani.
Quello che manca, purtroppo, è la magia.
Per quanto ci si possa sforzare, il peso dei venticinque anni trascorsi da quell’epoca straordinaria ed irripetibile, non può essere ignorato. Né da chi suona, né da chi ascolta. Le emozioni che un album del genere regala oggi, sono pallida imitazione di quelle di allora. E le nuove generazioni, probabilmente, non capiscono nemmeno di cosa si sta parlando. Soltanto il segno dei tempi, o magari si è perso qualcosa?
Resta il fatto che i Necronomicon hanno realizzato un album dignitoso, ma che mi lascia freddino.
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