Copertina 7

Info

Anno di uscita:2003
Durata:51 min.
Etichetta:Abstract
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. TURN YOU OUT
  2. BAD TIMES
  3. NOBODY TO BLAME
  4. SHAKE IT ANNIE, SHAKE IT!
  5. FORTY MILES
  6. DISARM
  7. 60 CYCLE HUM
  8. LITTLE MISTAKE
  9. BETTER
  10. A POLITICAL SONG FOR DANKO JONES TO SING
  11. BALLAD OF THE ELECTRIC BRAINS
  12. DO IT NOW

Line up

  • Jonathan Cummins: vocals, guitar
  • Ian Blurton: guitar, vocals
  • Paul Julius: bass, vocals
  • Tim Dwyer: drums, vocals

Voto medio utenti

A casa loro, in Canada, hanno già spopolato con il disco d’esordio e consolidato la posizione con il presente follow-up, incensato dalla totalità della stampa specializzata. Al di fuori dei confini nazionali i Bionic restano per ora emeriti sconosciuti, ma la speranza è che “Deliverance” garantisca loro maggior visibilità sull’onda del rinnovato interesse per il rock sanguigno e rumoroso.
E di rumore i Bionic ne fanno davvero tanto, con un sound grezzo e sguaiato quanto più possibile, con chitarre caotiche e vocals furenti, con un tiro fracassone ed incazzato che però non dimentica mai un astuto filo melodico.
Sembra di essere su una giostra che ruota vorticosamente, “Deliverance” è un turbine di situazioni prelevate qua e là dal punk’n’roll, dallo stoner evoluto, dal rock tradizionale, in modo così frenetico e rutilante da far pensare che il quartetto Canadese non sappia esattamente da che parte dirigersi.
L’iniziale botta rozza e selvaggia “Turn you out” mi aveva fatto pensare ad una sorta di The Glasspack meno folli, ma in questo album le cose cambiano ad ogni istante. Ad esempio “Shake it Annie, shake it!” e “Little mistake” sono brani graffianti e melodicamente ammiccanti, quasi una jam tra i Camaros e gli Hellacopters, mentre “Nobody to blame” e “Better” ricalcano spudoratamente le idee più nervose dei QotSA. Questa band sembra voglia accontentare un po’tutti, senza però cedere di un millimetro in fatto di energia violenta e fragore elettrico. Ancora “Bad times” e “Disarm” puntano sul versante punkeggiante così come lo ha interpretato Oliveri nei suoi Mondo Generator, e così via fino ad arrivare all’ultimo capitolo, a mio parere anche il migliore, una pulsante “Do it now” che si origina da un riff prelevato agli El Caco per trasformarsi in una lunga orgia acida di assoli e distorsioni psycho-stoner di potenza terrificante.
Detto così potrebbe sembrare un disco-collage di scopiazzature assortite, invece i Bionic sono perfettamente autonomi e credibili grazie alla genuinità della spaventosa carica energetica e rabbiosa che pervade il loro lavoro.
Magari non troppo originali, ma estremamente efficaci.
Non mi sento di esaltarli come certi magazines di tendenza, ma non posso fare a meno di consigliarli a chi è sempre alla ricerca di heavy rock ruspante, vibrante e trita-ossa. In questo i Bionic non sono secondi a molta gente.

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