I
Wild Wet arrivano da Civitanova Marche e anche se da bravi
sleaze-rockers sognano i
marciapiedi del
Sunset Strip, la loro visione musicale è piuttosto concreta e solida, evita oltremodo l’operazione “copia & incolla” nei confronti dell’arte dissoluta dei maestri e si presenta al pubblico degli appassionati con la giusta dose di energia sanguigna e di talento melodico.
In “Cocktail in bloodshed”, autoproduzione sulla lunga distanza che giunge dopo il
six-tracks Ep "Carousel of nothing", bagliori di L.A. Guns, The Dogs D’Amour, Motley Crue e Guns n’ Roses si mescolano con la scuola scandinava di Crashdiet e Hardcore Superstar e vengono abilmente “aggiornati” dalla vitalità di un gruppo che, come tanti suoi colleghi (dai Crystal Pistol ai Vains Of Jenna) non vuole solo “celebrare” un’epoca, ma intende in qualche modo fornire alla “questione” una propria versione dei fatti.
Accanto alle suggestive contaminazioni latine di “After I came” e all’enfasi drammatica e agrodolce del piano in “Division 2.0”, interessanti ed estemporanee, su tutto si staglia l’innata capacità di rendere vibranti e adescanti composizioni che nella loro apparente “semplicità” e notevole disinvoltura si dimostrano degne della migliore tradizione di sfrenato
edonismo applicato al
rock n’ roll: “Before you die”, “What you love”, “Crazy little star” e “Steamwheel” sono da considerare l’apice del disco e consentono di presagire per i ragazzi marchigiani un ruolo di spicco anche nel congestionato panorama musicale contemporaneo.
Certo, probabilmente la pronuncia inglese non sarà “perfetta” (la cosa potrebbe rappresentare un ostacolo all’affermazione internazionale del gruppo … a me, però l’accento leggermente “autoctono” di Daniel Crystal non dispiace, così come quello ancora più “casereccio” e particolare di Matt Nyx Frye, capace di rendere “Astray” un singolare pezzo di stralunato, ruspante e sinuoso lirismo di “strada”) e certe soluzioni espressive hanno forse bisogno di una maggiore personalità, eppure sfido chiunque ami questi suoni a non trovare motivi di soddisfazione anche in “Angels airlines”, una sorta di variante di “Paradise city” come potrebbero intenderla i Jane’s Addiction o ancora in “Last tattoo”, tanto ruffiana e “banale” quanto contagiosa.
Il resto del programma, sebbene non disdicevole, appare meno efficace, per un
cocktail che comunque mantiene alta l’attenzione dell’ascoltatore, offrendo un miscuglio di Jack Daniels, Red Bull e ...
Verdicchio dal buon
sapore e dai corroboranti effetti
sensoriali. Alla salute!
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?