A due anni di distanza dal demo che aveva dato ufficialmente il via al progetto
Raven Tide, i quattro toscani tornano con il loro primo full length. E stavolta sembra che le piccole sbavature che caratterizzavano il primo lavoro siano state definitivamente sistemate, visto che questo “
Echoes of Wonder” suona decisamente più quadrato. Gothic metal è solo un modo facile per caratterizzare il combo, visto che all’interno di questo cd le influenze sono disparate: dall’heavy più incazzoso e chitarroso a momenti più rarefatti ed eterei fino ad aggiungere dosi piccole ma gustose di elettronica, il tutto come sempre guidato sapientemente dalla voce di
Cheryl, brava vocalist che preferisce l’interpretazione al mero sfoggio tecnico, senza mai azzardarsi in territori a lei scomodi, ed invece sfruttando appieno il proprio range e soprattutto la tavolozza espressiva che il suo ‘strumento’ le offre. Di conseguenza, i brani vengono modellati sulla sua voce, ottenendo il tanto sperato effetto ‘funziona’.
Dieci tracce in “Echoes of Wonder”, che si apre con la dolce “
Oblivion” per poi procedere con il primo singolo estratto, “
The Ascent”, che si apre con un dolce intro di pianoforte per poi assestarsi nella sua struttura heavy e malinconica. Piccolo appunto: nessuna liner note accompagna questo disco, quindi non possiamo dirvi chi suona le (molte) tastiere nell’album, ed è un peccato perché le keys qui sono usate furbescamente come collante per tenere insieme le varie strutture sonore, in un modo intelligente e poco invadente, quindi piacevole. I brani sono facili da digerire e da fruire, e nel mezzo del cd ci troviamo pure una sorprendente ed azzeccata versione di “
Frozen” di Madonna, qui irrobustita e ri-interpretata con gusto. “Echoes of Wonder” è quel tipo di album che potrebbe piacere a chi ama i primi Lacuna Coil; il paragone mi sembra più calzante, rispetto alle varie female fronted bands alla Nightwish e compagnia danzante. Più calzante perché qui l’accento è posto più sulle atmosfere che sulla pomposità degli arrangiamenti, laddove un sapiente lavoro delle chitarre (spesso a 7 corde) è preferito ad una sovrabbondanza di tastiere, archi (veri o presunti) e sovraincisioni che, in questo caso, riuscirebbero solo ad impastare un sound volutamente puro, potente e malinconico.
Per chi vi scrive, “Echoes of Wonder” è un album molto piacevole e ben fatto, anche se la produzione forse poteva essere tarata verso un sound più compatto, un filo più ‘grosso’, se intendete le mie parole. Dettagli, questo è un debut album convincente di una band italiana che, se gioca le sue carte con accortezza, può tranquillamente riuscire a far breccia in molti cuori metallosi in giro per il globo. In bocca al lupo!
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