“
Per me esiste solo il cammino lungo i sentieri che hanno un cuore, lungo qualsiasi sentiero che abbia un cuore. Lungo questo io cammino, e la sola prova che vale è attraversarlo in tutta la sua lunghezza. E qui io cammino guardando, guardando senza fiato”.
Queste splendide parole di Don Juan apparivano sul n°0 (1989!) del Fan Magazine dedicato a Paul Chain, sintetizzando in tal modo l’intero concetto artistico del maestro pesarese.
Sono certo che la loro citazione, per il prologo della disamina che li riguarda, non potrà che far piacere ai laziali
Misantropus, devoti, a quanto si apprende dal flier di presentazione del disco e poi dal suo attento ascolto, proprio all’arte di Chain, del suo Violet Theatre e di quella scuola italiana di
dark-doom che non può parimenti prescindere dai Requiem e dagli Arpia.
La scelta di questa menzione assume dunque il duplice scopo di una meritata celebrazione di autentici pionieri del settore, che hanno fatto del loro visionario, innato ed emotivo approccio alla musica un distintivo marchio di eccellenza, consentendo, ed ecco la seconda parte della questione, a una stirpe d’
illuminati seguaci d’intraprendere un analogo percorso sonoro in cui la passione, l’estro e l’istinto diventano gli strumenti idonei per affrontare la ricognizione del lato buio e spirituale della nostra esistenza.
Immergiamoci, quindi, in questo “LP-EP (2003)”, lavoro perlopiù strumentale (escluse le conturbanti vocals “fonetiche” di Francesca Luce nelle trascrizioni di “Life” e “Transformation” che chiudono l’albo, rappresentanti il programma dell’
Extended Play) che, come si può intuire dal suo titolo, contiene le canzoni apparse per la prima volta su un dischetto in vinile autoprodotto e pubblicato nel 2003 e cinque inediti risalenti alle stesse sessioni di registrazione: ritmiche avvolgenti e “orbitali”, riff cavernosi, flussi di melodie gelatinose e oscuri bagliori psichedelici vi condurranno in un universo misterico, sospeso ed inquietante, in cui le immagini di Black Sabbath (vividamente evocati in “Animalspact”, probabilmente l’atto di devozione maggiormente evidente), Bang, Pentagram e Cathedral, oltre a quelle dei summenzionati modelli tricolori, si avvicendano repentinamente davanti agli occhi, stimolando sensazioni di benevolenza per gli effetti di una forma riuscita e fruttuosa di
apprendistato (gli itinerari sonici di “Transformation”, instabili, ipnotici e aspersi di sbuffi d’acido, illustrano il terreno più fertile dove far germogliare il temperamento della band) e non certo il biasimo per una prestazione forzatamente imitatoria.
I Misantropus rappresentano una realtà sinistramente fascinosa, per nulla condiscendente verso le mode e le soluzioni più “facili”, e anche per questo il gruppo è da considerare come un importante continuatore della grande tradizione
caliginosa del Belpaese, un ruolo gratificante che non lo dispensa dalle aspettative di un’ulteriore evoluzione, tanto lecita quanto prevedibile, vista l’attitudine già intravedibile nelle sue attuali iniziative espressive.
Chiudiamo con un auspicio … l’interesse comune per le tematiche ambientaliste aggiunge, in qualche modo, un altro motivo di affinità con l’ultimo Paul Chain (Paolo Catena o Paul Cat, che dir si voglia …) … che sia magari il presupposto per una futura collaborazione?
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