Non credo possano esserci obiezioni nel definire Jack Blades uno dei grandi nomi del rock melodico statunitense. Il suo contributo alla "causa" sia come musicista che come songwriter non può essere messo in discussione ed è sempre stato di grande valore. Vogliamo ricordare alcuni passi fondamentali della sua carriera? Frontman, bassista e autore dei maggiori successi di una piccola istituzione come i Night Ranger, fondatore dei Damn Yankees con Tommy Shaw degli Styx e Ted Nugent (credo non sia necessario spiegare di chi si tratta), oltre che collaboratore in molti altri progetti e soprattutto autore di brani per artisti del calibro di Aerosmith, Cher, Alice Cooper, Roger Daltrey tra gli altri e per film di grande successo commerciale (Armageddon, Il segreto del mio successo, Rock Star ecc.), per non parlare della sua attività in veste di produttore (Great White, Ted Nugent). Ed eccoci a questo primo disco solista. Diciamo subito che leggere i credits di questo album non può che far tremare i polsi a qualunque fan di hard rock melodico americano; qualche nome?
Innanzi tutto i suoi vecchi compagni dei Night Ranger, Kelly Keagy (di cui ricordiamo un ottimo lavoro pubblicato qualche anno fa intitolato "Time passes"), Jeff Watson e Brad Gillis, ma poi il vecchio amico Tommy Shaw, l'ex-chitarra dei Ratt Warren De Martini, Neil Schon dei Journey, Micheal Lardie dei Great White, Micheal Cartellone già presente nei Damn Yankees e Colin Blades che altri non è che il figlio del nostro Jack (della serie "buon sangue non mente"). Anche Mr. Blades, come altri suoi illustri colleghi, con questo solo album ha sentito la necessità di modernizzare il proprio suono (probabilmente il fatto di aver collaborato con così tanti artisti di varia estrazione musicale può, in qualche modo, aver influenzato questa scelta), così accanto a brani che ricordano maggiormente il lavoro svolto nell'ambito del classico hard melodico, vi sono tracce rivolte ad un'attitudine rock più moderna nonché alcune decisamente orientate al pop. "Sea of emotions", "To touch the sky" e "Alone tonight" sono state scritte con la collaborazione di "sua maestà" Neil Schon, che inoltre impreziosisce queste magnifiche canzoni con il tocco magico e inconfondibile della sua sei corde; le prime due avrebbero dovuto (a quanto sembra) finire su "Arrival" e in effetti i Journey sono veramente dietro l'angolo; la terza è una ballata di grande pathos, con uno splendido refrain. "Shine on", in duetto con Tommy Shaw, e "We are the ones" hanno un approccio più indirizzato al modern rock, con vocals sincopate e suono di chitarra piuttosto duro, mentre "Sometimes you gotta have faith", "Someday" e "Breaking it down" rivelano il versante più pop del platter; canzoni che dimostrano sempre grande classe e costruzioni armoniche degne di nota ma forse un po' troppo "leggerine". "Who you want to be" è una track il cui stile non è facilmente identificabile, in cui convivono vocals melodiche e pop con un riff centrale di chitarra abbastanza hard e dal flavour quasi settantiano. "On top of the world" è l'episodio più aggressivo del disco caratterizzato da un guitar sound lento e pesante e da un solo discretamente fantasioso. Chiude l'album "Nature's way" , ballad acustica, cover degli Spirit di Randy California, resa con buona personalità.
Il giudizio complessivo su questo "Jack Blades" non può che essere positivo, nonostante, visti i musicisti coinvolti, fosse lecito aspettarsi qualche cosa in più.
Forse è proprio l'eccessiva eterogeneità il difetto principale, poichè se da una parte è sicuramente da apprezzare la volontà di percorrere nuove strade per evitare facili fossilizzazioni, dall'altra, il tentativo di far coesistere così tante influenze, rischia di scontentare un po' tutti, sia i fans della prima ora che gli eventuali nuovi sostenitori.
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