C’erano una volta i Fugazi, gli Embrace e i Rites Of Spring, padri putativi dell’
emo-core (o
emotionally driven hardcore, per meglio dire), poi sono arrivati Jawbox, Quicksand, Rival School, Hot Water Music e At The Drive In, a raccogliere il testimone di quei pionieri capaci di rendere l’
hardcore un genere tanto potente quanto colto, intellettuale e innovativo, aggiungendo all’impasto sonorità mutuate dal
metal, dall’
alternative e pure dal
pop, per un risultato finale sofferto, nervoso, melodico e catartico, generalmente catalogato dalla critica specializzata, come sempre a corto d’inventiva e costretta spesso suo malgrado a questo tipo di operazioni,
post-hardcore.
Ebbene, questi
We’ll Go Machete,
act texano che “ruba” il proprio
monicker ad una frase del mitico Lester Bangs (personaggio controverso, feroce e geniale, scrittore e critico musicale per Creem, New York Rocker e Village Voice, celebrato anche nel film “Almost famous”) proseguono proprio nella linea tracciata dai suddetti modelli ispiratori, dimostrando, in “Six plus ten” (che riunisce l’Ep auto-intitolato del 2009 e l’album “Strong drunk hands” del 2011) una discreta capacità nel rendere
rumorose (e qui non è da sottovalutare l’influsso suppletivo di gruppi come Jesus Lizard e Tar), vibranti e coinvolgenti le loro articolate strutture armoniche, ostentando un buon equilibrio tra
tensione e
melodia.
Quello che manca ancora, a mio modo di “vedere” e sentire le cose, sono un pizzico di fantasia e un flusso più intenso di forza
empatico-espressiva, un qualcosa, insomma, che svincoli risolutamente il pensiero da una forma imitativa, per quanto fedele e ben realizzata, e che riesca al contempo a soggiogare i sensi (vogliamo definirlo
pathos?) in modo veramente intraprendente.
Forse sarà quindi necessario rendere un po’ meno ripetitive e maggiormente audaci certe formule espositive e intensificare ulteriormente la ricerca melodica, ma parallelamente è doveroso incensare il lavoro di questi ragazzi di Austin, sicuramente sulla strada giusta (soprattutto con brani come “Miser”, “DM Barringer”, “Kids in front”, “So long flatfoot” e “Good morning munro”, tutti appartenenti alla produzione più recente, tra l’altro … un indizio confortante nell’ottica di una futura maturazione …) per aggiungere un altro tassello importante a questa “bella storia” fatta di dramma, introspezione, distorsioni e rabbia.
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