Conosco i modenesi
Jesus Ain't In Poland sin dal loro EP d'esordio
"Holobscene" e già d'allora avevo l'impressione che la band avrebbe fatto strada nell'underground estremo italiano: l'interesse da parte della
Grindpromotion prima e l'uscita di questo
"Freiheit Macht Frei" poi confermano che effettivamente così è stato, con quest'ultimo soprattutto che si segnala per un lavoro di tutto rispetto. Quindici tracce per mezz'ora di musica, un grindcore feroce e parossistico che guarda contemporaneamente al passato, ed in particolare alla lezione di maestri come Napalm Death, Brutal Truth e Nasum, ed al futuro, imbastardendo la propria proposta musicale con infiltrazioni death metal e rallentamenti quasi dooomy dove l'headbanging è quasi d'obbbligo (cfr. "Blessed Be", "My God Is My Will" o "Scarlet Tongues"). Brani brevi e ficcanti ma mai troppo ripetitivi o monotoni, pur rimanendo fedeli al 100% agli stilemi del genere, e resi devastanti in primis dalle prove strumentali dei vari musicisti (chi diceva che per suonare grind fosse necessario non saper suonare?) ed in seconda battuta dalle vocals animalesche del cantante
Sieg Julli, in perenne alternanza tra grugniti, growl e scream vecchia scuola.
"Freiheit Macht Frei" si segnala quindi come un ottimo disco di grindcore, capace di suonare fresco e moderno e che siamo certi sarà in grado di dare molte soddisfazioni agli aficionados del grindcore classico come a coloro i quali preferiscono le sue incarnazioni più al passo con i tempi. Da tenere d'occhio e supportare.
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