I fratelli Cavanagh sono tornati ad abituarci bene. Dopo la lunga pausa di quasi 8 anni tra "A Natural Disaster" e l'ultimo "We're Here Because we're Here", stavolta non ne passano neanche 2 che "
Weather Systems" ci piomba nelle orecchie come un quieto uragano. Passatemi l'ossimoro e continuate a leggere, anche se fareste meglio ad ascoltare..
I tempi di "Serenades" e "The Silent Enigma" sono ormai passati da un bel po' e nessuno si aspetta più dagli
Anathema un disco di doom o death metal. Che sia un bene o un male, questo solo il nostro gusto personale può dirlo, fatto sta che gli inglesi persistono nel loro cammino di ammorbidimento del suono con l'ultimo lavoro, "Weather Systems" appunto.
Quieto uragano dicevo. Perchè? E' semplice. O meglio,
Daniel e
Vincent Cavanagh riescono a renderlo semplice. Il nuovo disco è infatti il degno successore del già citato "We're Here Because we're Here", riuscendo con incredibile semplicità e morbidezza ad insinuarsi nei recessi più profondi delle nostre menti, sconvolgendole senza far roteare teste, facendo piuttosto roteare ingranaggi ormai sopiti nell'infimo del tempo. Parliamo ormai di prog rock con vaghe influenze gotiche, senza tecnicismi da capogiro, in grado però come non mai di risultare dannatamente interessanti e travolgenti nella loro semplicità.
Ammetto che ho fatto fatica a metabolizzare "
Weather Systems", soprattutto con il primo ascolto. Ci sono dei dischi che hanno bisogno di essere ascoltati più volte per essere compresi e capiti, altrimenti ti prendono semplicemente a pugni in faccia, lasciandoti stordito e inerme. Per fortuna ho sopportato la confusione e i primi lividi e sono riuscito a terminare l'ascolto tre, quattro, cinque volte.
Poi finalmente ho avuto la mia personale epifania e ho capito dove sbagliavo: in questo disco la confusione va accettata, non combattuta o osteggiata.
Il nuovo disco degli
Anathema è un controsenso unico, un'eterna contrapposizione tra la vita e la morte, tra la malinconia e la gioia, lo yin e lo yang, un corpo dove due anime antitetiche lottano fratricide tra di loro per prenderne il possesso, e quello che ne scaturisce è un'esplosione silenziosa di musica e parole. Altro ossimoro, vogliate perdonarmi, ma questo disco è esattamente così, una meravigliosa contrapposizione di se stesso, lunga 55 minuti e spiccioli.
Si perchè questo è un album che va ascoltato tutto d'un fiato, in quanto le varie canzoni che lo compongono creano un'inscindibile interconnessione in cui spesso e volentieri ci si perde, piacevolmente, tra il limite di un brano e l'altro, abbattendo confini di cui la nostra mente non necessita.
L'esempio più lampante sono le prime due tracce, non a caso nominate "
Untouchable Part 1" e "
Untouchable Part 2", nelle quali le chitarre si intrecciano meravigliosamente con le tastiere per creare un tappeto sonoro sul quale le voci di Vincent e della bella
Lee Douglas sembrano giocare a rimpiattino, in un'atmosfera a metà tra l'inferno e il paradiso, un limbo dal quale nessuno vuole uscire.
Ma come detto poco sopra sarebbe davvero riduttivo analizzare singolarmente le varie canzoni, in quanto è la totalità del disco ad essere permeata da alternanti atmosfere (non per niente si parla di metereologia..), che vanno dalle morbide ma plumbee nubi di "
The Gathering of the Clouds" alla fulminante "
Lightning Song", dove chitarre distorte appaiono all'improvviso nel cielo-pentagramma, come veri e propri lampi di luce, pronti a colpire l'ascoltatore con la propria scarica assassina e allo stesso tempo rischiarare l'oscurità del temporale. E' sufficiente poi leggere i titoli delle altre canzoni, da "
The Storm Before the Calm" a "
The Beginning and the End" per confutare una tesi di reiterata antinomia.
Luce e ombra. Vita e morte. Rumore e silenzio. "
Weather Systems" è un saliscendi di emozioni potenzialmente idiosincratiche, pronte a fare a pugni o a stringersi la mano. Un ottovolante del quale tutti hanno paura prima di salire, ma dal quale nessuno vuole scendere una volta terminati i primi due o tre giri. Io sto ancora girando, la testa inizia a vorticare ma quel loop è irresistibile. Fanculo alla nausea, io resto su e continuo a ridere di quei poveretti che da sotto mi guardano ammirati. Salite, c'è ancora tempo..
Quoth the Raven, Nevermore..