Vede la luce, dopo una serie di eventi che ne hanno ritardato l'uscita (non ultimo il cambio di cantante che ha forzato la re-incisione totale delle parti vocali), “
Throes of Absolution”, debutto degli statunitensi
7 Horns 7 Eyes. Tanto era il fervore e la curiosità attorno all'uscita di questo album, visto il coinvolgimento dell'ex Nevermore,
Jeff Loomis, che si riduce nell'esecuzione di un assolo in una traccia il cui titolo non è specificato sul promo in mio possesso. Devo dire che le mie aspettative riguardo a questo disco sono state solo in minima parte soddisfatte.
La casa discografica presenta il sound del gruppo come “
Progressive Atmospheric Death Metal”. Niente di più sbagliato e fuorviante. Il termine “progressive” viene spesso utilizzato in maniera impropria e il disco di cui andremo a parlare ne è l'esempio calzante. Non basta mettere due tastiere e essere dei bravi musicisti per definire la propria musica “progressiva”. Ma questa è una mia personale polemica sterile rispetto all'abitudine delle case discografiche di dare una definizione del genere proposto esagerandone i contenuti. Ma parliamo di questo “
Throes of Absolution”.
Quello che mi ritrovo tra le mani è un album ben prodotto e mixato dal chitarrista
Aaron Smith negli Envisage Audio Studio di sua proprietà, composto da 9 tracce di Death/Doom metal atmosferico, con qualche accenno progressive, influenzato per lo più dagli ultimi
Katatonia e
Swallow the Sun, eccetto per le clean vocals, qui completamente assenti, sostituite da un profondo growl che ben s'accosta al sound del gruppo.
Le composizioni dei
7 Horns 7 Eyes girano tutte attorno a chitarre spesse e corpose, vicine ad un certo deathcore, con tappeti di tastiere che spesso aiutano a rendere l'atmosfera dei brani più drammatica e scura, con ritmiche rivolte verso un doom di stampo nord europeo e sporadiche aperture date da melodie di chitarra solista e assoli non sempre azzeccatissimi.
L'album, seppur tutto sommato gradevole, risente parecchio della mancanza di personalità e di una certa staticità nelle composizioni, che rischia di provocare più di uno sbadiglio, un'abilità che solo in rarissimi casi riesce nell'ardua impresa di non annoiare (vedi i
My Dying Bride). L'unica traccia che si discosta dal resto del disco è la strumentale posta in chiusura “
The Regeneration”, brano che si può tranquillamente definire “progressive”, con quelle influenze à la
Opeth e le aperture melodiche che lasciano intravedere una speranza per il futuro.
Non è tuttavia un disco da stroncare, le atmosfere dalle tinte fosche e malinconiche di questo “
Throes of Absolution”, possono fungere da buon passatempo nell'attesa di un lavoro che faccia gridare al miracolo com'è stato, almeno per me, l'ultimo Katatonia, o in futuro, chissà, il prossimo disco dei
7 Horns 7 Eyes.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?