Un giorno Diana disse a sua figlia Aradia:
E’ vero che tu sei uno spirito,
Ma sei nata per essere ancora
Mortale, e tu devi andare
Sulla Terra e far da maestra
A donne e uomini che avranno
Volontà di imparare alla tua scuola
Che di sortilegio sarà fatta.
Quelle che avete appena letto sono alcune parole tratte dal
“Vangelo delle Streghe”-altrimenti chiamato più semplicemente
“Aradia”- testo di fine Ottocento scritto da
C.G. Leland riportante (presunti) riti e tradizioni della stregoneria/stregheria italiana sopravvissuti all’inquisizione e all’affermarsi del cristianesimo e adottato come testo sacro da molti movimenti pagani contemporanei. Figura chiave di quest’opera è Aradia considerata la prima strega e figlia della dea Diana, mandata sulla Terra dalla madre per insegnare agli umani la pratica della stregoneria.
Sì, ma cosa c’entra questo adesso? …c’entra, c’entra!
Come si intuisce facilmente già dll’artwork
Spell Eater, debut album degli americani
Huntress, è una realizzazione incentrata proprio sulla stregoneria e su oscure tradizioni pagane messe in musica e rappresentate anche nello stile, negli abiti di scena e soprattutto nella filosofia di vita scelta in particolar modo di
Jill Janus, la cantante, fondata appunto sul paganesimo e sulla libertà sessuale. Jill proviene direttamente dal mondo di Playboy (sì, avete capito bene!).
Ora direte: che ci fa una playmate in una formazione metal? Innanzitutto una gran bella figura!
Quanto alla sua prestazione canora partiamo dal fatto che Jill è un soprano lirico di coloratura con una bella estensione vocale (quattro ottave) che in passato ha già avuto esperienze in opere liriche; in questo primo lavoro della band non la troviamo proprio calata nella parte di cantante lirica e quindi oltre agli acuti che ci potremmo aspettare dominanti incontriamo una voce ruvida, irruente e ululante, che squarcia i brani e che spesso sembra poter sfociare nello scream puro senza però mai raggiungere del tutto questo obiettivo, forse nemmeno cercato.
Lo sfondo è costituito per la maggiore un classico heavy metal attraversato però da venature appartenenti al mondo dell’extreme: un primo esempio lo troviamo in
“Night Rape” e già nella title-track (potete ascoltarla e guardare il video a questo
indirizzo) caratterizzata, oltre che da lyrics ridotte all’osso, da riff martellanti e rapidi dal ritmo sostenuto. In aggiunta troviamo anche una forte componente black espressa dai testi di molti pezzi, come l’invocazione/esaltazione intrapresa con
“Aradia”, brano sintesi di questa proposta.
Devo ammettere che c’è voluto un po’ per inquadrare questo album perché a un primo rapido ascolto non era riuscito a trasmettere appieno le sue caratteristiche, anche per questo è doveroso sottolineare che un neo di questa band è la mancanza di un impatto forte sull’ascoltatore, prestando maggior attenzione si riesce però a percepire il valore di questo lavoro. Credo che una produzione meglio curata (l’attenzione è troppo focalizzata sulla voce) avrebbe accelerato questo processo e migliorato il risultato.
Se me lo concedete (spostando l’orizzonte in tradizioni appartenenti a un area diversa dal viking metal che tutti siamo abituati a considerare come la totalità di questo genere) una strana forma di pagan metal al femminile che si rivela una bella sorpresa soprattutto per l’intraprendenza e per la consapevolezza che sembrano possedere (voglio dargli fiducia!).
Di sicuro
NON meritano il rogo!
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