In un periodo nel quale la protesta animalista è livelli di guardia, complice anche le proteste contro
Green Hill e le susseguenti azioni per liberare i beagle soggetti a vivisezione, i
Cattle Decapitation, che sull’animalismo hanno costruito il proprio concept, cadono a fagiuolo.
Il qui presente “
Monolith Of Inhumanity” spinge ancora più in là, rispetto al passato, il connubio tra brutal death metal e grind, nelle sue diverse sfumature, di cui la band si fa portabandiera.
Partendo dalla mia intolleranza al ridicolo screaming grind del singer, ma al tempo stesso sottolineando e lodando il profondo, gutturale e buonissimo growl del medesimo, ciò che occorre mettere in luce è la capacità della band di fondere le due anime in maniera egregia, soprattutto in quei pezzi, come “
Forced Gender Reassignment”, nei quali, a differenza di altri pezzi come “
Gristle Licker” o ”
Lifestalker”, il focus è tutto sulla violenza e la brutalità senza requie.
Al di là di tutti i discorsi avanguardisti questo è metal estremo, anzi è il metal estremo, e trovate estemporanee, volte a variegare e ‘ammorbidire’ il suono, non ci piacciono.
A noi piace il muro sonoro, l’intensità e la densità di suono, i cambi di tempo veloci ma non annacquati, e un assalto come se non ci fosse domani. Ecco, da questo punto di vista la band non sempre adempie al proprio compito. Basta ascoltare l’attacco di “
Projectile Ovulation” per capire che certe idee andrebbero accantonate, a meno di non chiamarsi
Crytptopsy o
Misery Index (dei bei tempi andati per entrambe). D’altronde non a tutti è dato di scrivere, un esempio su tutti, un pezzo come “
Cold Hate, Warm Blood” (da “
Whisper Supremacy” per chi non conoscesse), dove dopo un breve attacco melodico i
Cryptopsy scatenavano l’inferno in terra (e pure in cielo).
Al di là di questa breve e dovuta polemica, occorre rimarcare che, nonostante una produzione anch’essa altalenante, non mancano i momenti di vero godimento (leggasi brutalità), i quali si esaltano nel contrasto con le trovate di cui sopra, come nel caso di “
Do Not Resuscitate”.
Il giudizio definitivo su questo disco è buono, nonostante le critiche (opinabili) di cui sopra e molti di voi troveranno il variegato sound della band di proprio gradimento.
Detto questo ci tengo a dire ai
Cattle Decapitation che nonostante l’amore e il rispetto per gli animali non rinuncerò mai ad un hamburger o una bella bistecca di manzo, né a una salsiccia di maiale, né a tutte le leccornie che il mondo animale ci offre.
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