Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2012
Durata:46 min.
Etichetta:Membran Media

Tracklist

  1. THE PROPHET
  2. PAIN 04
  3. ASHES OF TODAY
  4. A LIFE
  5. SAY GOODBYE
  6. TODAY WILL NEVER SAY
  7. CHANGES
  8. FOUR DAYS
  9. PROMISES YOU NEED

Line up

  • Daniel Marco Celotti: vocals
  • David Bressani: guitars, backing vocals
  • Edoardo Bortolotti: guitars, backing vocals
  • Stefano Galioto: bass
  • Andrea Cretese: drums
  • Maria Valentinuzzi, Chris Nihilus: additional keyboards

Voto medio utenti

Sono ambiziosi, i Freedom Slaves. Il loro metal-prog prende avvio dai maestri incontrastati del genere Fates Warning, Queensryche e Dream Theater (nella loro early version, soprattutto), ma, pur rimanendo all’interno dei confini di settore, tenta di allargare lo spettro delle influenze, finendo per ricordare pure formazioni meno famose e non per questo poco creative e significative come Enchant, Sieges Even e Deadsoul Tribe, senza dimenticare di aggiungere all’impasto compositivo un suggestivo tocco orientaleggiante non lontano da Myrath e Orphaned Land.
In questo modo i sentieri del metallo progressivo così tanto “battuti” e frequentati possono rappresentare ancora un’occasione di “esplorazione”, se non altro di tipo sensoriale, dacché dal punto di visto stilistico tutto (o quasi) sembra già stato detto.
Concentrarsi sul songwriting, forti di notevoli abilità tecniche, appare, dunque, l’arma vincente del gruppo nostrano, il quale, però, non ha ancora raggiunto una fluidità e un equilibrio nella scrittura tali da considerare concluso quel processo di maturazione che potrebbe consentirgli di lasciare un segno importante in un universo tanto inflazionato.
E poi c’è la voce di Daniel Marco Celotti a costituire una piccola incognita nell’economia generale della band: certamente espressivo e favorito da buone doti interpretative, il vocalist dovrebbe gestire meglio le emissioni della sua laringe, a volte davvero un po’ troppo imprecise e sbilanciate, forse proprio a causa di un eccesso di “confidenza” nelle proprie qualità.
Detto ciò, il disco si dipana all’interno di un programma piuttosto variegato, dove tecnica strumentale, melodia, tensione e fantasia s’intersecano in maniera tutt’altro che approssimativa, regalando momenti assai appaganti (“Ashes of today, “A life”, l’inquietante e quasi Tool-iana "Four days” e la mia personale best in class, “Today will never say”), altri parecchio piacevoli (“The prophet”, “Pain 04” e la granitica e volubile “Say goodbye”) e solo un paio di situazioni complessivamente abbastanza trascurabili.
“Freedom slaves” è un lavoro parecchio interessante, caratterizzato da quel tipo d’imperfezioni che non preoccupano eccessivamente, proprio perché controbilanciate da tante indicazioni favorevoli, non ultima una notevole intelligenza nel trattare una materia divenuta, per la sua enorme diffusione, veramente “scabrosa”.
Attendiamo con fiducia il salto di qualità “definitivo”.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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