Spagnoli d’origine, I
Rise to Fall ci riprovano con questo secondo disco intitolato “
Defying the Gods”, dopo un debutto a dir poco mediocre, pieno di scopiazzature dai dischi dei loro beniamini (
In Flames su tutti) e da brani prevedibili almeno quanto i testi dei
Manowar.
In questo nuovo album, interamente prodotto da
Ettore Rigotti (mastermind dei
Disarmonia Mundi) nei suoi
Metal House Studio torinesi, il quintetto basco apporta un deciso miglioramento nel songwriting, pur senza presentare momenti particolarmente esaltanti. È ancora molta la strada da percorrere per i
Rise to Fall prima di riuscire ad emergere dall’anonimato, ma ci sono dei passi avanti anche piuttosto evidenti di cui è giusto rendergliene atto.
Definiscono il loro genere “
Modern Melodeath”, a cui io aggiungerei il suffisso “-core”, tante sono le influenze deathcore/metalcore presenti all’interno dei brani. Le principali fonti da cui i
Rise to Fall pescano a piene mani erano e restano senza alcun dubbio
In Flames e
Soilwork, con l’aggiunta di un approccio alla melodia simile agli
Scar Symmetry. Una strizzatina d’occhio a sonorità più marcatamente moderne, con un’elettronica appena accennata da un uso delle tastiere vicino ai giapponesi
Blood Stain Child, chiude il cerchio delle influenze dell’album.
L’album scorre senza lasciare particolari emozioni, ancora troppo schematico e prevedibile. Nonostante tutto, i brani non sono brutti, si lasciano ascoltare anche piuttosto volentieri, le scopiazzature da dischi altrui sono anche diminuite rispetto al precedente debutto, ma per quanto mi riguarda, è ancora troppo poco per uscire dalla mediocrità.
La biografia definisce “
Defying the Gods” come “un must per i fans di
In Flames e
Soilwork”. No, non oserei tanto. Piuttosto un buon passatempo su cui non riporre troppe aspettative e, magari, attendere qualcosa di più personale per il futuro.
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