Dopo l’album d’esordio, “Birthing the giant” (2006), avevo perso le tracce di questa formazione di Toronto, Canada. Li ritrovo adesso, grazie alla pubblicazione del loro quarto lavoro, dopo che la band si è assestata ottenendo anche un discreto successo nel proprio paese e negli Usa.
Il tempo trascorso non ha modificato di molto il sound del quartetto, astioso hardcore metal con elementi sludge in pallida salsa southern. Tutti i brani del disco sfruttano l’affiatamento tra la chitarra macilenta di Scott Middleton e l’urlo raschiante di Liam Cormier, coppia di fondatori e menti del gruppo americano.
Si nota comunque un maggiore avvicinamento ai terroristi sonici di recente generazione, vedi Rue, Your Highness, Hull, -(16)- ed il resto della cricca underground, nei pezzi dove la componente punkeggiante e anarchica lascia spazio ad un groove slabbrato, tossico, urticante, tipo “R.A.T.S.”, la lenta e pesantissima “The void”, la title-track e la massacrante “Drunken physics”.
Se i
Cancer Bats mostrano di avere senz’altro alcune buone frecce nel loro arco, va però detto che nel complesso il loro stile è più opprimente e stancante rispetto ai migliori interpreti del genere. Ancora relativamente poche le variazioni all’interno delle canzoni, al che bisogna aggiungere la solita rinuncia ad ogni tipo di solismo e lo screaming ossessivo del vocalist, per cui il risultato è un macigno difficile da digerire in un colpo solo.
Comunque, chi è abituato ai filoni estremi ed all’assalto senza requie, può aggiungere questo nome alla lista degli ascolti interessanti.
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