Presupposti comuni alla “navicella madre”, ma realizzati con maggiore frivolezza,
schizofrenia e conciliazione espressiva, contraddistinguono questo “Rock 'n' roll brotherhood”, frutto del periodo d’
inattività discografica ufficiale del cantante e del bassista dei Superhorrorfuck e pubblicato sotto il
legittimo vessillo
Dr. Freak & Mr. Four.
I numi tutelari Alice Cooper, Kiss, Hanoi Rocks e Motley Crue, qui vengono declinati in una versione più melodica e vaporosa, quasi si volesse realmente prendersi una piccola pausa dai suoni perversi, sgargianti e corrosivi degli
zombies di Verona.
Niente di particolarmente “sdolcinato”, per carità, perché tali
debolezze non sono verosimilmente parte integrante del
vizioso e
malsano DNA dei nostri, eppure la constatazione di una sovrastante interiorità e languidezza complessiva è inconfutabile, così come appare netta la percezione di un progetto nato dalla brama irresistibile di suonare insieme e celebrare ancora una volta, e in maniera leggermente inedita, i propri idoli.
Se, poi, il disco servirà anche a mantenere “caldo” il nome dei Superhorrorfuck, nell’attesa dell’uscita del loro nuovo lavoro (prevista per la fine del 2012), la cosa non potrà che essere ovviamente bene accetta, in un
business così frenetico e costipato di (fantomatiche)
new sensations da non consentire rilassamenti e “distrazioni”.
Un’atmosfera disimpegnata e disinvolta ammanta, dunque, la mezzora abbondante di musica contenuta nel dischetto e tuttavia non si pensi ad una situazione eccessivamente “dopolavoristica”: l’attitudine compositiva del duo in questione è artisticamente solida, è capace di lasciare segni importanti nella memoria e piace anche il ricorso a sfumature interpretative inconsuete, a dimostrazione di un
background sufficientemente ricco, variegato e
democratico.
Così, se il
glam punk n’ roll rimane il cardine della
discussione, esplicitato in maniera diretta, intraprendente e accattivante nella
title-track, in “I'll never forget” e in "Destination L. A.”, colpisce forse anche di più la linea armonica malinconica e granulosa di “Occasional lover”, di "Love after death” e di "Farewell to my muse” (e qui la “crisi glicemica” è in agguato, invero) mentre la brillante aggregazione Kiss / Billy Idol attuata in “Jumpin' again”, si rivela plausibilmente come la circostanza più riuscita dell’intero programma.
Rimangono da commentare “Masters of aesthetics” e ” Your words, your air, your day”, accomunate da contributi elettronici e dagli esiti, nondimeno, piuttosto dissimili: nel primo caso il risultato è un
anthem vagamente Lordi-
ano e nel secondo l’effetto sfocia nel
goth electro pop (qualcosa tra Pyogenesis e Liquido!), suscitando, contemporaneamente al plauso per l’audacia e “l’apertura mentale”, anche qualche perplessità circa la validità effettiva dell’operazione.
Questo variopinto inno alla gloriosa
Fratellanza del Rock n’ Roll rappresenta uno
strano caso (e così onoriamo pure la suggestione Stevenson-
iana del
monicker …) di prodotto “facile”, gradevole e (ri)creativo, privo di soverchia banalità, e può costituire un bel modo d’ingannare il tempo, con la prospettiva concreta di qualcosa di maggiormente significante e consistente … da provare.