Terzo album molto impegnativo, quello dei
Circus Maximus. A ben 5 anni dal precedente “
Isolate”, i norvegesi capitanati come sempre dall’ugola d’oro
Michael Eriksen sfornano un platter intricato, bello e drammatico, la cui fruibilità si schiude dopo ripetuti ascolti, tanto complesse sono le strutture che sottendono ogni traccia di questo “
Nine”. L’introduttiva “
Forging” ci conduce per mano verso “
Architect of Fortune”, brano di dieci minuti e mezzo che da solo racconta l’intero album: la band, infatti, ha preferito fare una scelta votata alla qualità, rendendo i brani delle matrioske sonore, in cui ogni ascolto rivela un livello più profondo e, se volete, più drammatico, visto che la tavolozza sonora dell’intero album vira sui toni cupi. La perizia tecnica dei Circus Maximus riceve qui il suggello definitivo, ma è una perizia messa al servizio dell’ascoltatore, in cui ogni (fenomenale) musicista si prodiga per dare AL PEZZO, e non al proprio Ego, tutto ciò che riesce a spremere dallo strumento. Complice una fase creativa molto buona, i brani forniscono un’altalena emotiva impressionante, passando dalla ‘facile’ “
Namaste” a brani di una drammaticità esasperata, come la hard rockeggiante “
Reach Within”, la strepitosa “
Burn After Reading” (in cui potete leggere tutto l’amore dei CM per il prog, dai Genesis ai Dream Theater), fino ad arrivare alla conclusiva “
Last Goodbye”, a mio avviso il vero capolavoro del cd. Altri dieci minuti di tensione sonora portata al suo apice, con una prova maiuscola di una band che adesso si conosce, sa il valore dei propri uomini e della propria Arte, e che riesce ad incastonare momenti strumentali da brivido su una narrazione interessante e coinvolgente, ad opera della sempre più bella (e mai sbandierata) voce di Michael.
“
Nine” è un album maturo, di non facile presa e pieno zeppo di sottolivelli, per cui consiglio a tutti coloro tra voi che volessero avvicinarvisi, di farlo con pazienza, orecchie ‘aperte’ e tempo a disposizione. Questo disco merita, merita da morire.