A sei anni di distanza dalla pubblicazione del mini Wounded Skies, giungono finalmente al debutto su lunga distanza i milanesi
Stormcrow. La fondazione della band risale al lontano 1997 e il sound proposto dalla band risente inevitabilmente della lunga maturazione del gruppo e delle sue origini, infatti, nonostante Disposition To Tyranny esca quindici anni dopo, è figlio diretto e legittimo dei tempi che furono. Qui non troverete né blastbeats nè super produzioni nè tanto meno tastieroni sinfonico-classicheggianti che tanto hanno fatto la (s)fortuna del genere, più che altro ci troviamo di fronte ad un suono scarno basato tutto sulle chitarre e sull’abilità melodica della band. Gli Stormcrow pur essendo figli del black metal che fu non abbracciano territori minimalisti, ma piuttosto si inseriscono nel filone swedish black metal che tanto deve a Dissection e Sacramentum, anche se a dire il vero il punto di riferimento più prossimo per inquadrare il sound della band rimanda direttamente ai fenomenali Dawn. Se non conoscete la band di Fredrik Söderberg spero vogliate correre ai ripari il più presto possibile, perché rimane, indiscutibilmente, una delle migliori band partorite dalla beneamata Svezia con all’attivo due pietre miliari del genere quali Nær Sólen Gar Niþer For Evogher e Slaughtersun (Crown Of The Triarchy). Detto dei punti di riferimento, ai quali aggiungerei anche un pizzico di Enthroned, non ci rimane che godere appieno dell’ispirazione dei cinque demoni lombardi che, pur non brillando per originalità, riescono a regalarci songs del calibro dell’opener In Mediis Lupis, dove ai già citati Dawn si affiancano gli Ancient Rites più selvaggi degli esordi, per dar vita ad un pezzo veramente efficace e coinvolgente, merito anche del testo interamente in latino che li aiuta a distaccarsi un po’ dai loro numi tutelari. Da segnalare anche Kingdom Of Vertical e la doppietta finale Unborn e Visions And Hate Divine, dove i nostri riescono a proporci dei pezzi molto diretti e evil. Del tutto inopportuna e fuori luogo, infine, la strumentale Misanthropic Inner Spheric Dimensions. Sostanzialmente ci troviamo di fronte ad un album molto classico e standardizzato, un po’ in ritardo temporalmente parlando, ma che ha nell’esecuzione e nell’attitudine quel quid in più che ci fa apprezzare delle idee non esattamente fresche o innovative. Sulla serietà e sul coinvolgimento della band verso la causa della nera fiamma non ci sono assolutamente dubbi, e questo potrebbe certamente fargli guadagnare un mezzo punto in più nella valutazione finale, rimane solo da augurarsi che gli Stormcrow riescano ad intraprendere un discorso un po’ più personale e allora ci potremmo trovare di fronte a qualcosa di davvero notevole…Un pieno di nostalgia che potrebbe fare la felicità dei più attempati seguaci del nero verbo, per i più giovani una riscoperta delle radici melodiche del black metal…
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