True Metal Will Never Die!
E chi siamo noi per dar torto ai
Pleasure Slaves? Ma nessuno! Siamo solo degli scribacchini al soldo del Dio Metallo e della sua sposa, la rinomata Gloria. Una cosa però possiamo farla: recensire il loro debutto discografico "
The Last of the Giants". Avranno tenuto fede al "loro" motto? Vediamo..
Parto col dire che citare le influenze dei
Pleasure Slaves sarebbe un insulto. Ma dato che Metal.it è seguito con piacere anche da masse di ignoranti, per loro e solo per loro ho il piacere di comunicarvi che i cinque ragazzi italiani si ispirano pressoché totalmente ai leggendari
Manowar, sia dal punto di vista musicale sia per le tematiche trattate nei loro testi e nei titoli delle varie canzoni, senza dimenticare che il loro stesso moniker è preso da una traccia "minore" di quel seminale capolavoro che fu "Kings of Metal", "Pleasure Slave" appunto.
E i 5 giovanissimi bergamaschi (le loro carte d'identità vanno dal 1988 del vocalist e mastermind
Simone al 1993 del bassista
Alessandro Villa, passando per i due classe '91
Roberto Ira e
Simone Bianchi e per il 1992 di
Oscar Giavazzi) ce la mettono davvero tutta per ricalcare in maniera più o meno personale il cammino dei loro idoli, proponendoci una decina di canzoni tutte più o meno sulla stessa falsariga (fatta eccezione per il coraggioso assolo di basso in "
The Truest of the True"), ovvero un Epic Metal pomposo e "cavalcante", con numerosi inserti di tastiera che richiamano i più nostrani
Rhapsody, scegliete voi quali.
Le canzoni sono davvero tutte di buona fattura, in particolare ho gradito l'azzardo e il coraggio nella conclusiva "
The True Way" di cantare qualche strofa in italiano, anche se complessivamente manca quella potenza sonora a cui i Manowar ci hanno abituato nel corso degli anni: il suono infatti sembra in più di un'occasione "vuoto", come se mancasse qualcosa di indefinito che non riempie adeguatamente le canzoni. Difetto imputabile ai Suonovivo Studios o a un songwriting ancora da svezzare? Solo il tempo potrà darci una risposta.
Intanto godiamoci questo buon debutto di una giovane formazione che saprà sicuramente migliorare e regalarci un secondo album di tutto rispetto, o quantomeno questa è la speranza. D'altronde le qualità ci sono, la voglia di mantenere vivo il fuoco del True Metal anche, quindi cari
Pleasure Slaves vi attendiamo al varco con la vostra nuova fatica. Non deludeteci!
Quoth the Raven, Nevermore..
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