“I Compagni di Baal” è un disco veramente eccellente, dove oscurità e luce si combinano in un suono degno della grande tradizione dell’
hard-prog-doom tricolore, in quel brumoso crocevia in cui s’incontrano Il Balletto di Bronzo, Uriah Heep e Black Sabbath. Estimatori del “vintage rock”, fatelo vostro e non ve ne pentirete …
Forse potrebbero bastare queste poche righe per commentare il primo
full-length ufficiale de
I Compagni di Baal, in un momento storico che è tutto “frenesia” e “sintesi”, e magari sarebbero pure sufficienti per attirare qualche
rockofilo dell’ultima ora, oggi che il concetto di “classico” è tornato prepotentemente in auge nelle quotazioni della critica “importante” e negli interessi del pubblico più attento ai trend.
Ma io non mi sento assolutamente parte di questa “tweet generation” (e non solo per questioni squisitamente anagrafiche …), ragion per cui da qui in avanti cercherò di approfondire ulteriormente la questione a beneficio di chi,
eventualmente, non si accontentasse di tanta
sofferta concisione.
Bene, ora che siamo rimasti “soli”, posso tentare di descrivere in tranquillità le peculiarità di un gruppo che non a caso trae ispirazione
vocazionale dall’omonimo sceneggiato francese della fine degli anni sessanta (un vero e proprio “cult” nell’ambito delle produzioni televisive ad “alta tensione”, incentrato sulle vicende di un’occulta congrega di cospiratori che punta al dominio del mondo), che non a caso sfrutta un “campionamento” del film (basato sui racconti di Edgar Allan Poe) “Sepolto vivo” di Roger Corman per aprire il disco e che ancora meno a caso si avvale della presenza di Giovanni “John Goldfinch" Cardellino de L'impero Delle Ombre (che, guarda un po’, hanno dedicato un favoloso album al suddetto
telefilm curato dalla regia di Pierre Prèvert, fratello del poeta Jacques) in veste di gradito ospite.
Insomma, la trama s’infittisce, e proprio come nelle migliori pellicole “di paura” che non hanno bisogno di
budget stratosferici e di sgargianti effetti speciali per “turbare” l’astante, la mistura di
prog,
horror,
hard,
doom,
noir ed
esoterismo inscenata dai giovani anconetani impressiona soprattutto per le qualità espressivo-interpretative degli “attori” e per il loro “peso” creativo, all’interno di un soggetto sonoro che attinge a piene mani dai “classici” senza per questo rischiare di apparire una loro “caricatura”.
Frequentare gli stessi “set” e le medesime scenografie che hanno visto muoversi artisti come Il Segno Del Comando, Il Rovescio della Medaglia, Writing On the Wall, A Piedi Nudi, Black Bonzo, Omega, Warhorse, Nuova Era, Budgie e Bigelf (e ci aggiungerei pure i Litfiba, in minima parte), rimestando vorticosamente epoche, geografia e i diversi gradi di affinità, non è, dunque, un grosso problema per I Compagni di Baal, sempre efficaci nelle loro avvincenti ed evocative narrazioni pregne di un'atmosfera tetra e coinvolgente, sfumata tra un lunare bianco e nero e cromatismi diafani e fiochi.
Fin dall’organo
Simonettiano (perentoria menzione d’onore pure per Stefan Seclì, secondo
special guest del Cd, anch’egli collaboratore de L'impero Delle Ombre) che sostiene che la beffarda “R.I.P.”, a cui contribuisce con autorità l’ispirata laringe di Cardellino, l’albo scorre lungo un flusso intenso di “oscura” forza espressiva, e mentre rileverete un cantato in italiano capace di assecondare con adeguatezza metrica e contenutistica il clima così instaurato, vi troverete fatalmente a fremere per “L'orrore che abita in me” e “Sepolto sotto un cielo” (davvero intrigante … tra Sabs, Atomic Rooster, gli Aleph di “Guerra” e appena un tocco dei “vecchi” Anathema), ad apprezzare il lirismo volubile di “Oltre la luna”, dell’inquietante intermezzo “Icolanibai” e della torbida “La danza del sangue” o ancora vi vedrete avvolgere dall’istrionismo mistico-psichedelico di “Tra potere e libertà”, un altro momento d’invincibile suggestione.
Tra tanto clamore sensoriale spicca, poi, “Nell'oscurità”, un’autentica “perla nera” screziata di sbuffanti esalazioni sulfuree e pregna di una vitale e istintiva anima
hard-prog impossibile da trascurare, con la magnetica voce di Mr. Goldfinch ad impadronirsi del “primo piano”.
Per riconoscersi come affiliati a questa “società segreta” (ormai
rivelata, peraltro …) non c’è bisogno di particolari formule d’identificazione (come accadeva, invece, nel
TV movie …), basterà essere amanti della buona musica e acquistare (occhio al verbo …) immediatamente una copia di “I Compagni di Baal”, perché …
è un disco veramente eccellente, dove … ecc. ecc.Ah, dimenticavo, bella la “fotografia” (continuando nella metafora cinematografica) di Stefano Scagni, già all’opera per Graal, Minotauri, Doomriser e Simon House.