Era difficile fare meglio dell’ep “
Bleak Vistae”, eppure i
Tyranny, con il presente “
Tides Of Awakening” ci riescono, spingendosi oltre, e di molto, nella loro personale discesa nell’abisso del
Funeral Doom Metal.
Ogni secondo dei quasi 67 minuti di questo disco è un inno alla desolazione, all’oscurità, all’apocalisse. Una lenta, lentissima, e inarrestabile marcia funebre lungo spirali che conducono giù, sempre più, nelle viscere della terra.
Questa volta, a differenza dell’ep di esordio, c’è un maggior uso delle tastiere, inserite in modo sapiente, al fine di donare quelle atmosfere cupe, tristi, angoscianti che sono sovente rotte dallo schiacciante grunting del singer, un vero grugnito catacombale, profondo come l’inferno.
L’iniziale “
Coalescent Of The Inhumane Awareness” ci presenta subito un capolavoro di canzone, quasi 15 minuti di puro terrore, 15 minuti durante i quali pur non inventando nulla spingono il funeral doom fin dove non era mai arrivato, alle ultime rive della miseria umana e della depressione più nera. Nemmeno gli
Skepticism si sono mai spinti così in là nella creazione di musica che, più che disumana, è inumana.
Ancora una volta pare opportuno rimarcare che la musica dei
Tyranny non è altro che la trasposizione in musica dell’opera di
Lovecraft, del suo pantheon ancestrale e alieno.
Così come la corte di Chtulhu ha atteso millenni prima di risvegliarsi e fare la propria irruzione nel mondo degli uomini, al tempo stesso i
Tyranny non hanno fretta, hanno pulsazioni lentissime, disperate, il tempo sembra fermarsi, divenendo immutabile, monolitico.
“
Upon The War-Torn Shape Of Cold Earth” non ha un inizio, e nemmeno una fine, è un segmento di infinito, esisteva da prima della creazione di questo universo, e gli sopravvivrà.
Non so quante persone abbiano la forza e il coraggio di ascoltare questo disco dall’inizio alla fine. È una prova, ma posso garantire che una volta immersi nelle pieghe dei solchi musicali di “
Tides Of Awakening” sarà impossibile tornare indietro, in tutti i sensi.
Un disco che è un’esperienza che coinvolgi tutti e cinque i sensi, capace di sconvolgerli. Non sto esagerando, ascoltate la conclusiva “
Entreaties To The Primaeval Chaos”, che non è come le altre, sembra un pezzo ambient/industrial, con la piccola differenza che il field recording sembra fatto sulle rive dello Stige, del quale è possibile sentire i gorgoglii sordi, con annessi lamenti delle anime perse.
E la vostra anima si perderà ascoltando questo disco, non c’è salvezza, non c’è speranza.
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