Amanti del metal classico, che più classico non si può, da oggi potete gioire, una nuova realtà è arrivata a soddisfare i vostri padiglioni auricolari. Formatisi a Milano soltanto due anni fa, i
Ruler bruciano le tappe, e dopo aver firmato un contratto con la My Graveyard Productions, danno alla luce “Evil nightmares”, debut album davvero coi fiocchi. Se date un’occhiata al logo della band, potete già farvi un’idea dell’approccio che ha il quartetto. Se poi sfogliate il booklet e arrivate al paginone centrale, iniziano a sorgervi i dubbi che tra le mani abbiate un qualche raro e inedito album dei Tygers of Pan Tang o dei Blitzkrieg, visto il look assolutamente londinese e eighties dei nostri. Ma, si sa, in questi tempi di revival non sempre basta l’apparenza. Troppi i gruppi che giocano a fare i nostalgici fermandosi, appunto, solo all’aspetto esteriore e tralasciando invece l’elemento principale: la musica. Fortunatamente non è il caso dei Ruler. Se ascolterete “Evil nightmares” con attenzione farete un salto indietro nel tempo di almeno 30 anni, quando, appunto, nella nebbiosa Londra si muovevano i primi passi di quello che sarebbe poi diventato, nel tempo, il genere musicale più appassionante e variegato mai esistito: l’heavy metal. Con forti e inevitabili richiami alla N.W.O.B.H.M., le canzoni scorrono via che è una bellezza, passando dalle più ritmate “Mayday” e “Evil nightmares”, alla ballad “Alone”, al semi rock and roll dal sapore blues “Highway blues”, in cui la band dimostra di avere una marcia in più proprio nel songwriting. Songs strutturate in maniera semplice ma efficace, con assoli di ottima fattura e dal gusto melodico come raramente capita di ascoltare, questi gli elementi vincenti della proposta dei Ruler. Buona anche la prova dei singoli, con Paolo Pontiggia che si mette bene in mostra grazie ai suoi ricami al basso. Quello che mi ha convinto solo in parte, invece, è lo stile di Daniele Valentini. Se in alcuni frangenti risulta personale e convincente, in altri sforza troppo le sue corde vocali, cercando soluzioni che non gli appartengono, e rendendo le sue linee melodiche troppo spinte, e quindi leggermente fastidiose. Ma sono particolari che in un debut album possono starci tranquillamente. Ed è proprio questa la speranza, e cioè che con il secondo lavoro i nostri riescano a trovare quella maturità che si intravede già nei solchi di questo “Evil nightmares” e che gli permetterà di fare il grande salto. Ascoltate “Limpieza de Sangre” o “We rule the night” o la conclusiva “No hope”, e capirete che non sto esagerando…
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