Le potenzialità del cosiddetto postcore sono ormai risapute e le tantissime bands nordamericane, che se ne fanno portabandiera, sono la riprova. Oggi questa forma musicale che tale non è, in quanto racchiude dentro di se tutto e niente, vanta moltissimi proseliti e in buona sostanza il postcore sta all'hardcore come il nu metal sta al metal (e qui mi riservo di dispensarvi verità in un prossimo futuro), con la differenza che ci sono molte meno rotture di palle circa stronzate quali la fede e la commercialità. Faccio questa premessa perché questi Between The Buried And Me rappresentano una di quelle band affascinate dal fenomeno della contaminazione, che ha travolto la musica tutta negli ultimi 15 anni circa. Il secondo disco di questa band del North Carolina è un valido bignami delle succitate potenzialità e, ad onor del vero, non è affatto male, anzi, ma rappresenta un esauriente campionario delle possibilità e delle prospettive che la contaminazione può regalarci. Qualcuno storcerà il naso di fronte ad una band come questa che riprende la lezione di 1000 e 1 bands e generi, di certo non mancheranno i puristi della prima ora, di quelli che "prima era meglio, oggi è tutta merda" e non mancheranno nemmeno quelli che con spirito elitario smetteranno di seguire questo genere perché ormai "lo ascoltano pure i ragazzini di MTV". La verità è però una sola ed è incontrovertibile, innegabile, ineluttabile, siamo di fronte ad una band che, a prescindere da tutti i discorsi appena fatti, ha due palle così! Fondere Death, Thrash, Grind, Black e chissà quante altre cose non è da tutti, soprattutto se fatto bene, come in questo caso. Se poi ci aggiungete una bravura tecnica lampante, un'intensità sfibrante ed estenuante ed un coacervo di musica brutale e schizoide il gioco e fatto. E meno male che a metà disco e cioè dal finale di "Mordecai" (bellissima), passando per "Reaction" e finendo per "(Shevanel Take 2)", ci troviamo di fronte ad un notevole rallentamento che, grazie agli arpeggi acustici, porta la proposta ad assumere un tono più tranquillo, tra melodie emo e mood nostalgici che riportano alla mente la fragile malinconia di "Mellon Collie..." degli Smashing Pumpkins (e qui gli applausi sono da scena aperta). E vogliamo parlare del finale prettamente black di "Destructo Spin" con tanto di screaming "true norsk"? O dei repentini cambi d'umore all'interno di una stessa song che farebbero invidia a gente del calibro di Dillinger Escape Plan e Cephalic Carnage? Ne potrei dire molte di più, potrei tirare fuori altri mille paragoni e influenze, potrei sezionarvi questo disco nota a nota, ma se volete veramente farvi un'idea dovete procurarvelo e subirlo in toto, ascoltarlo, farvi violentare. Dopo sappiatemi dire, ve ne prego.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?