Descrivere cosa rappresentano per me i
Katatonia non è cosa facile considerando l'importanza che la loro musica ha avuto nella mia vita. Le loro tristi note hanno spesso accompagnato il mio animo ferito dalle vicende inevitabilmente dolorose che la vita ti pone davanti, i loro dischi hanno avuto la capacità, rara, di sapermi aiutare, di sapermi emozionare e darmi conforto.
Chi crede stia esagerando non può capire la forza emozionale che si cela dietro le composizioni degli svedesi o, semplicemente, non è incline a queste sonorità.
Sonorità malinconiche, tristi, disperate ma, incredibilmente calde, suadenti ed emozionati sino nel profondo.
I
Katatonia hanno mantenuto questa straordinaria forza nel corso di tutta la loro carriera, passando dal doom/death degli esordi di dischi straordinari come "
Dance of December Souls" e "
Brave Murder Day", giungendo sino alle uscite recenti in cui il concetto stesso di metal è stato profondamente rivisto e cambiato dando vita ad un suono unico ed affascinante.
Il nuovissimo "
Dead End Kings" è un disco strepitoso. Senza nessun dubbio.
Risulta essere la summa perfetta dell'evoluzione del gruppo che qui raggiunge la sua sublimazione.
Emozione, melodia, sprazzi di ruvido metallo, atmosfere distanti e pacanti sono amalgamati alla perfezione attraverso un songwriting complesso e contorto che richiede attenzione per essere compreso sino nella sua anima più profonda e nascosta.
Partendo dal precedente "
Night is the new day", disco che mi aveva deluso, i Katatonia raggiungono forme espressive nuove seppur in perfetta linea con il loro modo di suonare: i brani, sempre articolati, puntano in mille direzioni diverse descrivendo circoli nell'acqua della pura emozione che bagna il gothic, il dark, il rock, il pop, il death e tutte le altre sfumature delle quali si nutre il disco.
Un disco concepito in maniera perfetta tra tristi armonie di chitarre, ora arpeggiate ora distorte, e sintetizzatori e tastiere mai così presenti e integrate nel tessuto musicale, che vanno ad integrarsi in modo suadente con la calda e maliconica voce di
Jonas Renske autore di una prova magistrale carica di pathos e di vivida emozione.
L'atmosfera notturna e dolorosa del disco, che va ascoltato rigorosamente al buio, trova la sua sublimazione in brani come le meravigliose "
Hypnone", "
Ambitions" o "
Lethean" che sono li a ricordarci la grandezza di un gruppo che ha dato davvero tanto alla scena metal internazionale, per quanto non credo possa dirsene rappresentante al cento per cento, e che da anni non perde la capacità di toccare le corde più profonde del nostro animo.
"
Dead End Kings" non è un album facile, non è un album metal "tipico", e non è un album destinato a piacere a chi dalla musica cerca impatto o evasione: è invece un disco profondo, ragionato, sognante, dolce, triste e rabbioso.
E' tutto quello che serve per piangere mentre si guarda la pioggia scendere fuori dalla finestra, è tutto ciò di cui abbiamo bisogno per scendere nel profondo della nostra anima e per stare da solo con lei, al buio, cullati dalle magnifiche melodie di
Nystrom e con esse perdersi.
Emozione pura.
Questo è "
Dead End Kings".
Spero che molti di voi se ne rendano conto.