Qualcuno si ricorda dei Fluxus? Troppo pochi, mi sa … ebbene, sarà per la comune origine
fieramente sabauda e per la solida
reputazione dei protagonisti, ma il primo gruppo che mi è balenato nella memoria mentre ascolto l’esordio sulla lunga distanza dei
Titor, sorta di
underground all-star band composta da membri di I Treni All'Alba, Belli Cosi, Distruzione, Dead Elephant e Sickhead, è proprio quello di “Vita in un pacifico mondo nuovo”, “Non esistere” e “Pura lana vergine”, gioiellini di tensione e rabbia metropolitana applicata al rock evoluto e contaminato (la band ha all’attivo, per dovere di completezza divulgativa, anche un quarto lavoro autointitolato, abbastanza diverso nelle modalità interpretative).
In realtà, da queste parti, lo scenario è certamente meno intellettuale (del resto il
team di Franz Goria & C. s’ispirava ad un movimento creativo radicale e sperimentale degli anni sessanta, laddove i nostri si rifanno a John Titor, figura di sedicente
crononauta figlia dell’effimera era di i
nternet, capace comunque di alimentare stimolanti discussioni sul futuro dell’umanità …), i testi hanno minore enfasi e i toni appaiono un po' più
sereni, così come anche dal punto di vista musicale il dosaggio dei componenti è leggermente differente (più
punk e
hardcore, che emergono su
grunge e
noise), eppure la forza emotiva, la potenza e la precisione della coalizione sonora, l’uso illuminato, provocatorio e impetuoso dell’italiano finiscono per accomunarli a quella favolosa (e sottovalutata) esperienza artistica, almeno nella mia ormai probabilmente
ottenebrata mente di
stagionato musicofilo.
Altri riferimenti? Direi Refused, Negazione, Soundgarden, Dead Kennedys, Punkreas, Massimo Volume, Jesus Lizard, Fugazi, Hüsker Dü, e poi
vabbè anche i Linea 77, una suggestione più
prevedibile per un gruppo che incide per l’INRI di Paolo e Davide Pavanello e si fa aiutare dalla tumultuosa voce di Nitto in “Calvario”, per la cronaca uno dei brani più efficaci del disco.
Al di là di tutte le possibili considerazioni comparative, quello che è sicuro e che “Rock is back” ha il dinamismo e la forza d’urto per coinvolgere immediatamente l’astante e, cosa non trascurabile, offre anche gli impulsi necessari a farlo “ragionare”, in una situazione fatta di disagio, alienazione, impotenza e condanna, e tuttavia priva di quel senso di “dramma” che finirebbe per rendere eccessivamente
opprimente l’intera operazione espressiva.
Ben vengano, dunque, pure le esorcizzanti “frivolezze” liriche di “Titor is dead” e l’ironia sarcastica di Ivan Graziani, omaggiato in un’eccellente e dirompente
cover di “Motocross” (“
la storia di un ragazzo che voleva fottere e finì fottuto …” così, in sostanza, il compianto artista teramano era solito presentare il brano al suo pubblico …) anche se verosimilmente è altrove che i Titor offrono il massimo delle loro qualità: oltre alla già citata “Calvario”, sono la serrata “Dal 2036”, le viscerali spirali di “Duel”, “Generazioni” e “Quello che non sai” (
riffettino metallico compreso …) e poi ancora il
rosario sferzante e intenso denominato “Ricordando domani”, a rappresentare l’essenza autentica della formazione torinese … suoni e pensieri agitati per un mondo alla deriva … per fortuna il
rock è tornato e, forse, c’è ancora qualche speranza di
salvezza.