Doom band di Chicago, nata nel 2008, gli
Earthen Grave mettono in campo una line up di tutto rispetto. Infatti, dietro al progetto troviamo un paio di nomi che idealmente uniscono passato e presente di questo filone. Il primo è Jason Muxlow, ottimo chitarrista e compositore acclamato dalla critica con i suoi The Living Fields; l’altro è quella vera icona di Ron Holzner, bassista e colonna di Trouble, Place of Skulls, Debris Inc, Wet Animal e quant’altro. I due musicisti, per i quali la definizione “doomsters” è assolutamente riduttiva, hanno completato la formazione con ottimi elementi della scena americana, in particolare il dotato vocalist Mark Weiner (Trifog) che dopo questo album entra di diritto tra le migliori ugole del settore. In sostanza un quintetto di gente valida e navigata, capace di scrivere ed eseguire splendidi brani che certamente affondano le radici in un’oscurità heavy che si richiama a Black Sabbath, Trouble, Obsessed, Candlemass, ma si espandono ben oltre tali confini. Cenni di NWOBHM, aperture verso il metal priestiano e perfino vibrazioni thrash, vedi il battito forte ed accelerato della cover di “Burning a sinner” (Witchfinder General), che insieme a “Relentless” (Pentagram) sono i due pezzi non originali del disco, già presenti sul demo “Dismal times” uscito nel 2009.
Evidentemente, non era abbastanza. Allora Muxlow ha sfilato l’asso dalla manica reclutando la sua amica Rachel Barton Pine, bella e giovane donna ma anche uno di quei personaggi che solo l’America talvolta ci regala. La ragazza è un’affermata violinista, concertista di notorietà internazionale nonché pluripremiata ambasciatrice della musica nel mondo. Nello stesso tempo, una cultrice appassionata di heavy metal, del quale apprezza sia l’intensità che la complessità compositiva. Quando Rachel è in tournee, tra un Tartini e un Paganini, spesso si reca come ospite in qualche radio rock per eseguire famosi brani metallici e propagandare il sound che ascolta fin da bambina. Soggetto un po’ fuori dalle righe, quantomeno.
Bene, le è bastata una sessione di prova, per aggregarsi in pianta stabile agli Earthen Grave contribuendo col suo “The Viper”, uno speciale violino a sei corde dallo spettro sonoro esteso, cugino dei comuni violini elettrici. In questo caso l’anomalo strumento non è soltanto qualcosa che interviene a sprazzi, per abbellire e dare un tocco particolare allo stile della formazione, ma è parte integrante della struttura delle canzoni, una sorta di terza chitarra con l’archetto al posto del plettro. Con questo, il menù è completo. E si tratta di una lista di piatti sostanziosi, estremamente gustosi, elaborati e guarniti con la maestria dei grandi chef. Un’ora di doom, rock, metal, ad altissimo livello. Episodi dinamici, pieni di giravolte ritmiche, riff monumentali, rallentamenti e linee vocali vincenti, duelli chitarristici ed imponenti cavalcate d’insieme.
Per motivi di sintesi, non mi dilungo sulle singole tracce. Ma è difficile scartare qualche titolo, tutti possiedono momenti e passaggi degni di nota perciò la tensione rimane costantemente alta dall’inizio alla fine. Al momento, penso che il lavoro degli Earthen Grave farà parte della mia lista delle migliori uscite dell’annata.
Grande sorpresa in ambito doom metal.
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