In Francia, così come in Italia, il rock ridondante e progressivo ha sempre avuto un solido strato di estimatori, un settore di nicchia entro il quale agiscono molte formazioni di buon livello ma totalmente sconosciute fuori dai confini del genere. E’ il caso degli
Akin, affollata band transalpina in circolazione già da una quindicina d’anni.
Il loro album “The way things end” propone brani di media lunghezza, ben articolati, ricchi di variazioni strumentali e di atmosfera, confezionati in maniera assai elegante e con particolare attenzione ad un fluido amalgama delle sonorità. I punti di maggior forza li troviamo nella voce piena di fascino della cantante Adeline Gurtner, nel lavoro ritmico e solistico delle chitarre e nell’uso di svariati strumenti, ormai quasi obbligatori nel moderno prog rock, come flauto, violino, viola, violoncello, tablas ed altri artifizi etnici. Tutto sommato il risultato è coeso, solo a tratti affiora quella tendenza alla dispersività, al barocchismo, alla cesellatura in eccesso, che rimane il tratto distintivo del filone ma anche un po’ la sua zavorra.
Altra particolarità del gruppo è una certa vicinanza allo stile “gotico” di grandi nomi come Anathema, mantenendo la loro venatura classicheggiante ma privandola dei suoi connotati più oscuri. In effetti, nei brani degli Akin è sempre molto presente il contributo degli archi, ma in combinazione con le tonalità limpide e leggiadre della vocalist offrono un impianto più vicino a certo folk-rock romantico che a tematiche ombrose, vedi “When” e “Enter spaceman”.
Però le soluzioni escogitate dal gruppo sono davvero molteplici: dall’impatto robusto di “The 92nd flight” al sapore jazzy di “Miracles”, dall’eccellenza melodica in “No second ride” fino alla recitazione poetica di “Miller’s end”. Nel complesso si tratta di un buon lavoro, in cui prevalgono nettamente le venature rock-romantiche rispetto quelle metalliche, relegate a fugaci passaggi. Il sound degli Akin pare comunque ancora troppo costantemente melodico, sofisticato, morbido, a tratti lunare, ed insieme un pizzico soporifero per affermarsi oltre l’ambito locale, anche se le chiare doti di questi francesi potrebbero stupirci in maniera più completa nel futuro.
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