Omaggiato, come da consuetudine, da una cover meravigliosa, il nuovo album degli inglesi
Winterfylleth ha preso a girare nel mio lettore da diversi giorni senza che io riesca a toglierlo o a stancarmi di ascoltarlo.
"The Threnody of Triumph" è il terzo lavoro per il gruppo ed è dunque la fatidica prova del nove: se i lavori precedenti avevano segnalato il nome degli anglossassoni nel mondo, affollatissimo, del pagan/viking metal, presentandoci un gruppo dalle grandi potenzialità in grado di comporre brani di spessore ed immediatamente riconoscibili nonostante il loro essere "tradizionali", il nuovo album riesce, invece, a superare i suoi predecessori e a consacrare il monicker
Winterfylleth tra i migliori del suo genere.
Ho parlato di pagan/viking ma non vorrei che questa indicazione traesse in inganno chi non conosce la band.
I
Winterfylleth sono un gruppo black metal che si rifà all'insegnamento dei primi
Enslaved e dei
Bathory per declinare la sua nera proposta secondo coordinate pagane che sono in linea con le loro inclinazioni e non possono, dunque, essere inseriti nel filone "festaiolo" del genere.
La musica del nuovo album è fortemente
evocativa,
fiera ed
epica e si dipana in composizioni molto dilatate nel tempo che ripetono gli stessi pattern all'infinito creando un magma sonoro dal quale è difficile non farsi coivolgere.
Chi non fosse abituato a questo tipo di proposta potrebbe trovare le composizioni dei nostri monotone, e non nego che il rischio sia dietro l'angolo, ma la monotematicità della musica viene comunque sublimata da melodie che sono semplicemente perfette per descrivere il quadro pagano e fortemente legato alla natura che gli inglesi dipingono.
"The Threnody of Triumph" ci offre anche alcune interessanti novità rispetto al passato.
Date un ascolto alla iniziale
"A Thousand Winters" e sentirete dei palesi richiami al mondo dello shoegaze/black metal tanto che mi sono venuti in mente gli
Wood of Desolations, cosa che ho trovato particolarmente piacevole considerando la mia stima per gli australiani e ascoltate un brano meraviglioso come
"The Fate of Souls After Death" che rinuncia alle solite velocità per attestarsi su un midtempo dalla forza evocativa straordinaria sulla quale l'alternarsi di growl e scream crea una atmosfera magistrale, per capire come il gruppo si stia muovendo verso nuove dimensioni.
Al di là, comunque, delle novità, gli
Wintefylleth agiscono nel solco della gloriosa tradizione nordica del black metal di stampo pagano scrivendo brani battaglieri e sottilmente tristi come può esserlo la bruma che spunta dalle colline ed intervallandoli con break acustici, nello specifico la dolce
"Home is Behind" e la breve
"Æfterield-Fréon", che spezzano la tensione regalando emozione pura.
"The Threnody of Triumph" è, dunque, un disco bellissimo che tutti gli amanti delle sonorità violente e melodiche al tempo stesso non possono lasciarsi sfuggire se non vogliono limitarsi ai soliti nomi più o meno noti.
Il consiglio che vi posso dare io è di ascoltare l'album al buio e di dargli tempo in modo che le sue spire possano avvolgervi e condurvi, fieramente, nelle terre dei padri inglesi dove onore e gloria erano valori rispettati.