Ho ascoltato molte, moltissime volte il nuovo album degli
Highlord, “Medusa's Coil”, il quarto della breve carriera del gruppo, per essere certo che l'entusiasmo iniziale non fosse un fuoco di paglia. I cinque ragazzi piemontesi tornano sulle scene a distanza di oltre un anno dal precedente “Breath of Eternity”, disco che aveva visto gli Highlord allontanarsi leggermente dalle sonorità che avevano caratterizzato i primi due album, in un comprensibile tentativo di sperimentare un sound più personale. Purtroppo questa sterzata verso lidi più vicini al Progressive Metal e all'Hard Rock aveva limitato l'impatto delle canzoni, che mancavano dello stesso carisma delle loro controparti di “When The Aurora Falls...”, ma con questo nuovo album gli Highlord hanno recuperato in pieno l'incisività dei tempi migliori, avvicinandosi in maniera evidente alla scena americana, sia dal punto di vista delle influenze Progressive (Dream Theater), sia per quelle Power Metal (Symphony X). “Medusa's Coil” è un ottimo disco, con una produzione eccellente (anche questa volta ad opera di Luigi Stefanini e dei New Sin Studios), e vede il gruppo protagonista di una convincente performance strumentale, con una nota di merito per il singer Andrea Marchisio che, al suo secondo disco col gruppo, è sempre più padrone della scena e valore aggiunto di una formazione di notevole valore. Si parte alla grande con la title-track “Medusa's Coil”, opener di buon impatto, per poi proseguire con la trascinante “Far From the Light of God”, che colpisce per l'originalità di alcune soluzioni di Muscio e per gli ottimi assoli di Droetto e De Vita. “Scarlet Tears”, più ariosa e sinfonica, è costruita su una bella melodia delle tastiere di Alessandro, che specialmente in questo pezzo godono di maggiore spazio; “Dancing With Destiny” è una spumeggiante cavalcata neoclassica che, dopo un avvio decisamente tirato ed un chorus orecchiabilissimo, si impreziosisce di un elegante break pianistico, per poi ripartire con un riff aggressivo che ricorda i Dream Theater di “Awake”. Tocca poi alla consueta ballad “Where My Hero Lies”, che permette di apprezzare lo stile teatrale di Marchisio anche su atmosfere più rilassate, quindi a “Moonseas”, uno dei pezzi più interessanti e riusciti del disco: l'inizio della canzone ricorda ancora una volta “Awake”, con le ritmiche serrate di Droetto che si alternano alle melodie oniriche di Muscio, dando vita ad una mid-tempo delicata che poi sfocia in una cavalcata Power Metal dal ritornello efficace. L'album si chiude con l'Hard Rock trascinante di “Your Story Too” e le atmosfere inquietanti di “The Hand of God”, due canzoni tanto diverse tra loro quanto riuscite ed efficaci. Siamo di fronte ad una delle migliori uscite del 2004 in campo Power Metal, un disco che ha tutte le carte in regola per distinguersi dalle numerose uscite di questo genere che ogni mese arrivano sugli scaffali dei negozi. Nella speranza che finalmente gli Highlord possano godere della notorietà meritata, l'interrogativo è uno solo: riuscirete a resistere allo sguardo della medusa?
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