Succede che a volte si cambi idea. Può capitare che ascoltando un album questo susciti emozioni e pareri negativi e che, a distanza di tempo, lo stesso album risulti piacevole, addirittura molto piacevole. E' quello che è accaduto con questo
"The Here and Now" degli
Architects.
Ascoltato forse troppo distrattamente lo scorso anno in occasione della recensione dell'ultimo scialbo lavoro della band inglese, mi era parso un disco davvero brutto e poco incisivo: a distanza di un anno invece mi ritrovo per le mani e nelle orecchie un buonissimo disco di post-hardcore, dove ogni canzone sta al posto giusto e non risulta fuori posto, come accaduto invece con l'ultimo lavoro dei britannici, il già citato "Daybreaker".
Da sottolineare soprattutto la prestazione maiuscola di
Sam Carter dietro al microfono, che sembra davvero un altro rispetto a quello spento dell'ultimo disco, oltre a quella devastante di
Dan Searle alla batteria, un vero rullo compressore.
Rivalutazione quindi e un mea culpa per aver affrontato in maniera troppo diretta e frettolosa un disco dalle potenzialità discrete, potenzialità che non si sono purtroppo manifestate con l'andare del tempo. Ed è un peccato perchè gli Architects hanno dimostrato di avere un ottimo bagaglio tecnico, che col tempo è andato però perdendosi per strada, assieme a una certa dose d'ispirazione che aveva caratterizzato i primi dischi della band. La sensazione è che gli inglesi siano diventati troppo perfetti e puliti, guadagnandone in presentazione ma perdendone, e tanto, in genuinità.
Spero vivamente che con il prossimo disco gli
Architects possano tornare sui livelli che li hanno caratterizzati nelle prime uscite, perchè le prospettive erano davvero buone e buttare all'aria il lavoro di 7 anni sarebbe un vero peccato.
Quoth the Raven, Nevermore..
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