La buona impressione che gli Atrocity avevano destato con il singolo di qualche tempo fa ‘Cold Black Days’ è ampiamente confermata dal nuovo, estremamente convincente e vario ‘Atlantis’, concept sulla leggendaria, mistica città inghiottita dalle acque millenni orsono, che riesce a racchiudere ed a mescere egregiamente insieme elementi Goth, Black/Death, Metal e Symphonic. Il primo capitolo di ‘Atlantis’ è rappresentato dall’attacco frontale di ‘Reich Of Phenomena’, song di concezione più norvegese che tedesca, tanto il sound è vicino al Symphonic Black (viene anche rispolverata la voce da soprano) d’alta Europa, per poi passare alla meno armageddoniana ‘Superior Race’, ove in primo piano troneggia il mood di batteria pestato e quadrato. Già dalla terza song (‘Gods Of Nations’), comunque, si capisce che la band di Krull e soci ha particolarmente curato la varietà e la dinamicità della propria concezione musicale: guitar riffing di vago retaggio Nu Metal sostenuto da un refrain e da un chorus degno dei migliori Type O’ Negative, con inserimento di solos tutto giocato sul floyd rose. ‘Ichor’ punta direttamente sul versante più Metal degli Atrocity, prendendo in contropiede per la grande apertura e per il buon lavoro di arrangiamento sul chorus, insediandosi così a livello di un buon ibrido tra metallo e commerciabilità, mentre è forse la magnetica, bellissima ‘Enigma’ la massima espressione odierna che questo combo possiede del concetto di Heavy Goth Pop. Dopo il ritorno al pestaggio con ‘Morbid Mind’, con il suo mood up tempo e con il suo groove in bilico tra l’ossatura in pieno Modern Thrash ed il chorus decisamente più Heavy oriented, la strumentale ‘Omen’ squarcia l’atmosfera con tutta la sua sacralità e la sua cinematografica aria prima di lasciare il passo al singolone da classifica targato ‘Cold Black Days’ (vedere la rece del singolo per maggiori dettagli). ‘Atlantean Empire’ riprende il discorso interrotto con ‘Gods Of Nations’ ed in un mentre ‘Clash Of The Titans’ prima ed ‘Apocalypse’ poi ripropongono con rinnovata veemenza la vecchia anima Death Metal del periodo di ‘Blut’ e dintorni. L’album si chiude con la tranquilla strumentale ‘Lost Eden’, la stranissima, alienata ‘The Sunken Paradise’, dalla preziosa strofa in arpeggio, dal chorus gridato e dallo special ispirato al Pop inglese (song perfetta per un finale di concept), l’ancor più strana, lavorata ed easy ‘Aeon’, caratterizzata da un mood incalzante, epico e paranoico e la terza mini strumentale del lotto ‘Ein Volk’. A completare il tutto, il dischetto contiene anche il video clip di ‘Cold Balck Days’, a testimonianza che gli Atrocity hanno davvero fatto le cose per bene. ‘Atlantis’ merita tutta la vostra attenzione, perché trovare al giorno d’oggi un dischetto così ibrido ma così personale e convincente da non puzzare di materiale di riciclo è veramente difficile. Finalmente, grandi Atrocity!
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