Copertina 8,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2012
Durata:40 min.
Etichetta:Autoproduzione

Tracklist

  1. I WANT TO LEAVE YOU SOMETHING
  2. NO FORGIVENESS
  3. ENEMY
  4. OPEN YOUR DOOR
  5. FROZEN WORDS
  6. PARASITE
  7. I DON'T WANNA BE HERE
  8. SEASONS
  9. SONATA FOR THE DEAD

Line up

  • Nicola Favaretto - voce
  • Alberto Pasini - programming, chitarra
  • Millo Trambaiolo - chitarra
  • Alessandro Bonini - batteria
  • Andrea Tomanin - basso

Voto medio utenti

IsRain è la nuova creatura di Nicola Favaretto e Alberto Pasini. Il primo è stato il singer degli Ensoph, quattro album, partecipazione al Wave Gotik Treffen di Lipsia e alle compilation di riviste come Orkus e Sonic Seducer. Il secondo è stato per dieci anni la chitarra degli Ashcorn. A loro si sono uniti Millo Trambaiolo, anche lui chitarra degli Ashcorn e Andrea Tomanin, bassista degli Ocean Drive. Trees Never Sleep è il loro debut album, volutamente autoprodotto e masterizzato a Londra presso i Metropolis Studios di Andy "Hippy" Baldwin. La creatura IsRain risente di tutti i diversi background musicali delle parti che la compongono. C'è l'industrial di Nine Inch Nails e Ministry, l'elettronica dei Depeche Mode, il metal di Rob Zombie. E' una musica complessa questa, con composizioni destrutturate, dissonanti, taglienti come carta vetrata sfregata sulla vostra pelle fino a farla sanguinare. Nicola è tornato a deliziarci con performance vocali ai limiti della schizofrenia, fra Sopor Aeternus e Marilyn Manson; chi lo ha sentito conosce l'incredibile ampiezza di stili diversi che riesce a coprire. La opener I Want to Leave You Something mischia i Nine Inch Nails di The Downward Spiral con Marilyn Manson, per poi sfociare in un malinconico e struggente gothic metal. No Forgiveness vi aggredirà perversamente con i suoi richiami ai Ministry di Psalm 69. Enemy ha l'incedere pesante delle chitarre di Rob Zombie, mischiate a gothic ed elettronica. Open Your Door è una umbratile song in stile Depeche Mode, impreziosita nella parte finale da un sax, lo stesso che apre la successiva Frozen Words, ma stavolta schizzato e post moderno. Questo è forse il pezzo più art dell'album; sembra fatto di mille frammenti scomposti, ciascuno riflettente uno degli aspetti musicali sopracitati. Molto belli i due pezzi di chiusura, Seasons e la strumentale Sonata for the Dead, triste, inquietante. Belli i controtempi e le linee melodiche; le parti elettroniche andrebbero un pochino più rifinite ed arrangiate mentre quelle metal sono già ottime così. Avanguardisti, cupi... da Nicola Favaretto non mi sarei aspettata niente di diverso. In bocca al lupo!
Recensione a cura di Laura Archini

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