I
Desecrate sembravano ormai essersi persi per strada, infatti, formatisi nel 1995 avevano esordito nel 1999 con "Moonshiny Tales...", poi solo pochi anni dopo si erano fermati, pareva definitivamente.
Invece, un paio d'anni fa il ritorno in azione, culminato ora nel loro secondo album "XIII, The Death".
Già... Death Metal era e tale resta anche oggi, seppure non senza qualche novità, con la più evidente tra queste che è sicuramente rappresentata dalla presenza costante di un pianoforte,
romantico ed in questo anche vagamente morboso, cui spetta il compito di fare da contrasto ai passaggi più estremi del disco.
Bisogna però ammettere che il tentativo di
opporsi al cantato in growl di Gabry spesso partecipano anche le chitarre ("My Devil's Gonna Cry"...) di Francesco e Aleksis, e non mancano comunque anche dei passaggi con delle clean vocals ("Hashashiyyin"), a testimonianza degli sforzi messi in campo dai Desecrate, sia nel songwriting sia negli arrangiamenti.
Ne esce così un album, un concept sui vari cambiamenti che toccano il nostro mondo, articolato con le canzoni che si susseguono serrate e spesso legate tra loro da diversi intermezzi, con i sui momenti migliori e maggiormente rappresentativi in concomitanza di "Anonymous", "Karma" e della conclusiva "The Illusion Gate", e che nel loro complesso, senza nulla togliere all'impegno messoci dai Desecrate per mostrarsi personali, più che alla scena scandinava mi hanno fatto guardare in casa
nostra, ai primi Sadist o ai Dark Lunacy.
Per inquadrare ed apprezzare in tutte le sue sfaccettature "XIII, The Death", sono necessari più ascolti, e passando oltre a qualche pecca nella resa sonora e ad alcuni passaggi fin troppo
acrobatici ("The Gallows of Salem") o interlocutori ("My Silent Crying"), gli si deve dare il merito di riconsegnarci una formazione in grado di dire la propria.
E con la necessaria veemenza.
Well, it's a dirty job but someone's gotta do it
And it's a dirty review but someone's gotta write it ...
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