Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2004
Durata:66 min.
Etichetta:The Music Cartel
Distribuzione:Brainstorm

Tracklist

  1. BLOTCH
  2. HOPSCOTCH
  3. LACRIMOSA
  4. ODIO
  5. GOD
  6. ALCOOL
  7. BRAINDOME
  8. DEMONTAIN

Line up

  • Urlo: bass, vocals
  • Poia: guitar
  • Vita: drums
  • Hendrix R.: keyboards, synth

Voto medio utenti

Su Eutk avevamo anticipato in un recente live report l’attuale stato di grazia degli Ufomammut, protagonisti incontrastati di una serata Milanese che li vedeva in compagnia di Clown ed El Caco durante la quale sfoderarono una prestazione davvero encomiabile. Il gruppo di Tortona, pur col pochissimo materiale pubblicato, è già da tempo considerato uno dei migliori esponenti della vivace scena psych-stoner internazionale, fermo restando la difficile collocazione del quartetto che sfoggia uno stile personalissimo al di fuori dell’ingabbiamento dei generi e delle etichettature.
Si attendeva quindi con curiosità il secondo full-lenght, più volte rimandato, per ottenere la conferma del livello di eccellenza raggiunto dai nostri connazionali.
“Snailking” è ben più di una semplice conferma, è un grande balzo in avanti rispetto al passato per profondità, spessore e coesione. I passaggi e le intuizioni che al debutto furono appena abbozzati ed esposti in modo impulsivo, qui ottengono pieno e meditato sviluppo sotto forma di una colossale struttura psichedelica massiccia ed articolata, irta di aculei metallici, corazzata di tenebra e straziata da vibrazioni cupe e maligne che rendono perfettamente nitida la visione di scenari terribili e spaventosi, di pericoli striscianti e raggelanti, delle insuperabili angosce di fronte all’incomprensibilità dell’ignoto.
Impercettibili le interruzioni tra i brani che si fondono l’uno nell’altro generando una sorta di intricata suite spaziale, un lungo e tortuoso percorso dall’andatura oscillante tra criptici immobilismi narcolettici e tremende sfuriate heavy-psych, che rappresenta un trip esplorativo negli abissi cosmici o nelle profondità della nostra mente. Gelo ed oscurità, poi improvvise ed accecanti esplosioni di supernovae psichedeliche, lampi di chitarre ultra-distorte, saturazioni magnetiche, misteriosi rumorismi elettronici, litanie sepolcrali ed agghiaccianti urla sullo sfondo come inquietanti presenze aliene.
Canzoni come tappe da raggiungere e superare, in un costante crescendo di emozioni che prende vita con l’iniziale “Blotch”, una sorta di versione malvagia delle colonne sonore degli sci-fi movies anni ’60, e culmina nella gigantesca ed ambiziosa “Demountain”, mezz’ora di fantastico delirio acid-rock tra noise minimale e sontuosi richiami alle melodie oniriche dei primi Pink Floyd.
Nel mezzo tanta musica magmatica e spinta all’eccesso soffocante, talvolta capace di sorprendenti dolcezze nostalgiche (“Lacrimosa”) ma perlopiù greve ed allucinata, priva dei tenui colori pastello di tanti interpreti della nuova ondata psych-stoner e votata all’impatto claustrofobico ed orrorifico, piena di rabbiosa tensione metallica e suoni deraglianti, filtrati, macilenti, che semmai volessero rappresentare lo spazio lo dipingerebbero come un luogo di paura, sofferenza, dramma, indecifrabile per l’uomo e popolato da esseri oltre la nostra comprensione (“Odio”,”God”,”Alcool”).
Domina il nero che inghiotte tutto fin dall’artwork targato Malleus, ma il disco non si riduce ad un’ossessiva costruzione monocromatica protratta ad oltranza. La bravura dei Piemontesi è nella capacità di dare forza, compattezza e significato ad un insieme di influenze disparate che in mano ad altri resterebbero sfilacciamento e confusione, mentre con loro assumono la forma di stile proprio ed originale anche se di lettura ostica ed inadatta ai superficiali.
Psichedelia estrema alla base di tutto, ma anche potente spirito doomeggiante che nelle sue manifestazioni più pesanti si avvicina allo sludge di ultima generazione, ed ancora riferimenti al kraut-rock ed alle sperimentazioni settantiane. Sleep ed Hawkwind, Pink Floyd e Neurosis, riferimenti utili soltanto ad inquadrare in senso generale una proposta completamente autonoma che ai primi ascolti può provocare forse un senso di disagio, ma allo stesso tempo affascina ed induce a rituffarsi da capo in questo vortice lisergico.
Non c’è bisogno di troppo patriottismo per affermare che gli Ufomammut sono oggi una delle formazioni più brillanti ed intelligenti della scena rock, indipendentemente dal filone di appartenenza. “Snailking” stabilisce al momento il loro vertice, un disco che illumina la prima parte dell’annata, ma è chiaro che il gruppo non si fermerà qui. L’astronave Ufomammut ha l’intero universo da esplorare ed io non vedo l’ora di scoprirne le infinite meraviglie.

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