Nuovo progetto per il chitarrista/cantante Tom Erak, già asceso alla ribalta con la sua precedente formazione The Fall of Troy. Perciò i suoi fans covavano grandi aspettative verso questa nuova band e soprattutto sul presente disco, giacchè l’esordio omonimo di un paio di anni fa era stato penalizzato da una produzione approssimativa.
Stavolta i suoni sono brillanti e moderni, perfetti per esaltare la chitarra del leader ed il suo notevole lavoro come riff-maker. Gran parte dei brani possiede le strutture rock spigolose, geometriche, trasversali, di Queens of the Stone Age, Them Crooked Vultures o di altri nomi emergenti dal calderone del cosiddetto “post-rock”, condensati nei canonici tre/quattro minuti di durata. Altri sembrano risentire maggiormente dell’influenza di Nirvana e Soundgarden, viste le loro melodie a metà tra l’incazzato e l’ammiccante che continuano ad essere gradite da certo pubblico giovanile, ma compaiono anche sfumature prog-metal e così via.
Non sempre il cantato istintivo ed urlato di Erak si rivela adatto alle canzoni, specie quelle più orecchiabili come “Bitches get stitches” o “$$$”, ma il limite principale del disco è lo stesso di molte altre pubblicazioni di questo genere: mancano dei veri hits che aggancino il pubblico. I brani sono gradevoli, ben interpretati, tutti con la loro regolamentare atmosfera agrodolce dei vari filoni “post” (rock, grunge, hardcore, ecc.) frutto del contrasto tra rabbia e sentimento, ma alla fine nella mente resta poco o nulla.
Meglio consigliarlo a chi è già fan della formazione.
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