Allora, dove eravamo rimasti …
ah, già … ad affermare che “Wounded land”, debutto dei
Threshold è un piccolo capolavoro delle sonorità
epic-prog, che merita un posto di rilievo nelle discografie di tutti i
musicofili raziocinanti, i quali ora potranno eventualmente colmare la lacuna tramite la sua ristampa in “Definitive edition”.
Medesimo trattamento “rivalutativo” da parte della Nuclear Blast anche per “Psychedelicatessen”, degno parimenti di un’analoga catalogazione alla voce “must”, anche se nei diciotto mesi (circa) che lo separano dal suo brillante predecessore c’erano stati mutamenti significativi sia “interni” e sia “esterni” alla formidabile formazione del Surrey.
Innanzi tutto, la (temporanea) fuoriuscita dal gruppo di Damian Wilson, che non
tranquillizzava per nulla chi aveva apprezzato enormemente il suo operato nel debutto (finendo per considerarlo, nonostante la qualità dei sostituti, una componente fondamentale del
sound dei Threshold … da cui la grande soddisfazione, escludendo le tristi circostanze che l’hanno favorito, per il suo ennesimo recente ritorno …) e poi la consacrazione del
prog-metal come fenomeno di “massa”, con una marea di gruppi impegnati a seguire le
aristocratiche orme di Fates Warning e Dream Theater (autori in quell’anno di “Inside out” e “Awake”).
Probabilmente anche i nostri britannici subiscono, seppur in minima parte, l’influsso
massificante contingente, e il bravo Glynn Morgan (successivamente intercettato nei “cugini” Mindfeed …) sembra una scelta adeguata ad assecondare lo stile espressivo maggiormente aggressivo e pragmatico scelto dalla
band, che fortunatamente al contempo non trascura eccessivamente gli aspetti magniloquenti e drammatici della sua proposta.
“Sunseeker” forse non vale
completamente una “Consume to live”, ma colpisce ugualmente a fondo per carica (dagli accenni
proto-thrash) e fervore, laddove con “A tension of souls” e con i dieci minuti di “Into the light” ritornano i Threshold che avevamo imparato ad ammirare, con tutto il favoloso e variegato corredo di tensione, caligine, malinconia e sfarzo.
E’ tempo per Morgan di rivelarsi anche come valente compositore e se “Will to give” mostra buone doti di “brutale” coinvolgimento, tocca a “Innocent” piazzare una di quelle linee melodiche straordinariamente suggestive e attanaglianti, a cui resistere è francamente
improbabile oltre che
illogico.
“Under the sun” si concede un momento di toccante dolcezza prima che l’enfatico clima Sabbath-
iano di “Babylon rising” avvolga il nostro estasiato e soggiogato apparato
cardio-uditivo, impressionato altresì dalla spietatezza mistica di “He is I am” e ancor di più dall’afflato apocalittico di “Devoted”, il quale, alternato ad aperture suadenti e barocche, ispira un pezzo dalle capacità emotive ancora una volta strabilianti.
La versione iniziale del disco finiva qui, lasciando ampie e profonde tracce di sé nella memoria dei
fans, appagati per questo secondo importante passo nella carriera dei loro beniamini, mentre chi oggi volesse doverosamente sviscerare la questione ha la possibilità di aggiungere ulteriori elementi d’indagine, rappresentati da una notevole porzione di
bonus-tracks: la romantica “Lost”, l’intensa e tenebrosa “Intervention”, cinque brani live (tratti dall’ottimo “Livedelica” … il tutto era già stato incluso nella riedizione del 2001 del Cd) e ancora due
chicche come l’arrembante "Fist of tongues” e l’ariosa e vagamente Floyd-
iana “Half way home” (provenienti da “Paradox – The singles collection”) … difficile a questo punto avere dei “dubbi” e non riconoscere la grandezza dei Threshold, attendendo con ansia un nuovo capitolo della loro parabola artistica, per il quale bisognerà pazientare, però, altri tre anni (niente paura questo vale solo per la
storia originale, mentre per la sua “rievocazione” odierna sarà sufficiente molto meno …) …
to be continued …