"Vuoi tu Heathenreel prendere Nightfall in Middle-Earth come tuo legittimo sposo e amarlo ed onorarlo per tutti i giorni della tua vita?"
"Si, lo voglio"
"Vuoi tu Nightfall in Middle-Earth prendere Heathenreel come tua legittima sposa e amarla ed onorarla per tutti i giorni della tua vita?"
"Si, lo voglio"
"Per il potere conferitomi dalla Gloria, vi dichiaro ora The Bivouac"
Non me ne voglia il buon Graz, ma quando nella mia mente si è iniziata a far strada l'idea che questo "
The Bivouac" dei
Vexillum potesse essere un mezzo capolavoro, ho autonomamente deciso che non avrei rispettato la scadenza prevista, volendo valutare il disco anche sulla prova degli ascolti multipli sulla lunga distanza. Non volevo prendere un abbaglio, non volevo farmi affascinare dal baluginio di una luce che si sarebbe magari poi spenta dopo aver strabuzzato un pò gli occhi. Che dire, la luce si è mantenuta splendente e la prova è stata superata anche sotto questo ultimo aspetto, il mezzo capolavoro è anzi diventato capolavoro per intero. Potrei anche fermarmi qui, limitandomi a dirvi "Correte a comprarlo e godetevelo" ma non sarebbe corretto nei vostri confronti, quindi..
..i
Vexillum. Ma chi sono? Sono un gruppo di 5 ragazzi giovani, uniti dalla passione comune per quel sottogenere di power metal che si rifà alle tradizioni medioevali, saggia commistione tra epic e folk, unione tra passato e presente, che tanti capolavori ha sfornato in passato.
In passato appunto, ma i Vexillum vogliono rappresentare presente e soprattutto futuro, e con questo disco, il secondo della loro discografia dopo il buon debutto
"The Wandering Notes" dello scorso anno.
Il fatto è che "
The Bivouac" prende il precedente disco, lo rivolta come un calzino e lo spazza letteralmente via, obnubilando ogni suo ricordo con la bellezza delle 12 perle che lo compongono.
Come intuito dall'intro, il disco è il matrimonio perfetto tra "Heathenreel" degli
Elvenking e "Nightfall in Middle-Earth" dei
Blind Guardian, è la formula tanto agognata, è la Pietra Filosofale del power metal. Ok, qualcuno a questo punto potrebbe venirmi a dire che è troppo derivativo, che le soluzioni proposte non siano proprio il massimo dell'originalità..ci può stare. Ma se un disco riesce a farti viaggiare con la fantasia e col cuore indietro di 10-15-20 anni, o ancor meglio indietro di 7-800 anni, facendoti accomodare attorno a un fuocherello ad ascoltare all'infinito le storie di 5 menestrelli..beh, detto onestamente, che si fotta con ardore la battaglia per l'originalità.
"The Bivouac" è esattamente quello che dice di essere, nella forma e nella sostanza: un bivacco tra 5 cavalieri in rotta verso un luogo sconosciuto, un luogo e un momento di riposo prima di affrontare nuove e perigliose avventure.
E i cavalieri si presentano fischiettando e mormorando la prima traccia, "
The Wanderer's Note", che parte subito in quarta offrendoci quanto di meglio i Vexillum sappiano fare: suonare. E cantare. E intrattenere. La canzone è un esempio fulgido di quanto detto finora, rimanendo nei confini del power metal e arricchendosi di elementi cari all'epic e al folk, dai controcori di osteria ai flauti, non lesinando però in soluzioni puramente tecniche, come il bellissimo assolo della parte finale.
E questi assoli ci accompagneranno praticamente in ogni canzone, dimostrando che oltre all'ottimo gusto per la melodia e per il ritmo, i nostri hanno anche una notevole perizia stilistica e tecnica, in particolare nelle due asce (mai più adatto questo termine) di
Calvanico e
Gasparri, che coi loro assoli intrecciati e mai banali riescono a mantenere sempre vivo l'interesse per ogni canzone. D'obbligo è anche la citazione per la sezione ritmica, composta dal bassista
Francesco Ferraro e dal bravissimo batterista
Efisio Pregio, che ha avuto il compito di sostituire Francesco Girardi, in maniera eccellente.
Nel frattempo i cavalieri hanno terminato la loro cavalcata e decidono di fermarsi. Nella loro mente si palesa una convinzione: c'è un tiranno da detronizzare. E "
Dethrone the Tyrant" ha nel ritornello tutta l'epicità del gesto, un ritornello di quelli che ti si pianta nel cervello dal primo istante. Che questo "Tyrant" citato nella canzone sia o meno il buon Roberto Tiranti questo non lo sapremo mai, fattosta che l'occasione è ottima per introdurre il quinto cavaliere, nella persona del vocalist
Dario Vallesi, il quale dopo un discreto esordio sul precedente disco, dimostra tutte le sue qualità, sfoderando una prestazione decisamente più che buona, che mi ha ricordato quella del miglior Damna, offrendo però un range leggermente più ampio, in particolare nelle parti più alte. E dai video che ho potuto apprezzare su Youtube ho notato che il buon Dario, oltre che un ottimo cantante, è anche un grandioso intrattenitore, cosa che non guasta mai.
E oltre al tiranno cade anche la notte..grilli e cicale infestano l’aria coi loro canti, i cavalli hanno il loro meritato riposo, ma i Vexillum di dormire non ne hanno la minima voglia, anzi: “
Dancing Goddess” ci presenta per la prima volta l’anima più folk della band e i paragoni coi primissimi Elvenking diventano qui molto più sostenuti, in particolare nel modo di cantare di Dario e nel ritmicamente sostenuto ritornello.
Con "
The Oak and Lady Flame" facciamo invece la conoscenza di un'ospite, la bella
Maxi Nil dei Visions of Atlantis, che offre la sua partecipazione in un emozionale duetto con Dario, in una splendida power-ballad dall'epico ritornello.
Attorno al fuoco si passa invece a parlare di caccia: "
The Hunt" torna a premere sull'acceleratore, coadiuvata dal drumming a tratti assassino di Pregio, che in particolare nella strofa aiuta a spingere la canzone verso un ritornello dai tratti epici, prima della classica sezione finale fatta di assoli e ariose aperture sinfoniche.
Nel frattempo si ode qualche sbadiglio e il sonno prende il sopravvento: "
The Dream" è una classica folk-ballad, interpretata in punta di acustica e ben bilanciata dai cori e dai fiati, in puro stile Blind Guardian.
Ci si sveglia, viene fame e la successiva "
The Marketsquare of Dooley" ci racconta la vita frenetica di piazza durante un mercato, confusionaria frenesia che viene immediatamente trasposta in musica dai toscani.
"
The Way Behind the Hill" è un mid-tempo che a tratti si trasforma in power-ballad, accompagnata meravigliosamente dalle cornamuse e che a tratti, soprattutto nell'intrecciata parte finale, ricorda la splendida "Farewell" del primo Avantasia.
Attorno al fuoco intanto si inizia a volare con la fantasia e i ricordi portano a galla un trittico di canzoni "viaggianti": "
Valhalla" ci porta a conoscere e parlare della tradizione nordica, nella canzone più veloce dell'intero album, vera e propria perla di speed/power che mi ha ricordato nella sua allegria i migliori Trick or Treat; "
Letter from the Earth" rallenta invece i ritmi, offrendo un altro mid-tempo dai ritmi cadenzati e dall'onnipresente anima folk che pervade tutto l'album, qui rinforzata dal massiccio uso della cornamusa; "
Megiddo" infine ci conduce nella città del futuro Armageddon biblico, con sonorità tipiche mediorientali rese a meraviglia sia grazie all'uso iniziale del sitar sia nei chitarristici arabeschi finali, in un incrocio ideale tra i
Myrath e i
Kamelot, risultando globalmente la canzone più riuscita del disco, sempre se di “più riuscita” si può parlare in mezzo a tanta meraviglia.
E il bivacco intanto giunge al termine: "
The Last Inn" è l'ultima locanda da visitare e l'ultima traccia di un disco favoloso, prima che i destrieri tornino a solcare le terre di un mondo fatto di magia e tradizione, reso ancor più magico dalle composizioni di un gruppo che si merita un posto nell'Olimpo del genere.
Pur dando ai voti numerici un valore puramente indicativo, fino all'ultimo ammetto che la mia indecisione è stata tanta: "
The Bivouac" si merita l'etichetta di album perfetto? E' riuscito a guadagnarsi il tanto agognato 10? Certo, la perfezione è qualcosa di arduo da raggiungere, ma se un album riesce a regalare un emozioni per 68 minuti, e poi per altri 68 minuti, e altri 68, e altri 68, in un crescendo continuo..cosa deve fare di più per meritarsela? A mio parere quasi niente, non fosse per una produzione decisamente migliorabile, goccia nell'oceano ma pur sempre goccia. Per questo i
Vexillum si prendono "solo" 9,5, oltre a prendersi tutti i miei complimenti e gli auguri sinceri e profondi per un futuro radioso e di successo. Per chiudere, una parola sola, dal profondo del cuore: grazie.
Quoth the Raven, Nevermore..