Dopo 75 Ep, uno all'anno puntuali come i bollettini del canone RAI, ecco che i finnici
Bloodred Hourglass arrivano al debutto e chi altri se non mamma Spinefarm poteva provvedere a questo lancio? "
Lifebound", come tutti i prodotti (ormai ce l'hanno insegnato bene questo concetto no? la musica non è più arte, è un mero prodotto commerciale) la presentazione è essenziale per un posizionamento nel mercato e c'è da dire che i Bloodred Hourglass partono assai male, con una cover da gruppetto adolescenziale che più immaturo e banale non possa esistere.
Ed infatti anche il disco è di una noia e di un piattume mortale: ovunque nel web, ma più probabilmente tutti hanno copiato la nota biografica che accompagnava il cd, "Lifebound" viene descritto come "
Children of Bodom meets Lamb of God": immaginate la mia felicità.
Una band come quella di
Alexi Laiho che dopo i primi 3 cd non è più capace a suonare nemmeno il campanello di casa mischiata ad una che non ho mai musicalmente sopportato.
Ora, non ho idea di dove chicchessia abbia sentito tracce di COB nella musica di questi cinque giovinastri: la caratteristica primaria di Laiho, ovvero il songwriting assai venato di melodie neoclassiche pur in ambientazione simil-estrema (alla fine è la voce che incardina tutto in quel genere, altrimenti parleremmo di power metal a-là-
Dragonforce), qui è del tutto assente e davvero siamo strabiliati dalla facilità con cui si assegnano tali etichette e come tutti le riprendano pedissequamente.
Decisamente più azzeccato il secondo paragone, con un thrash metal decisamente groovoso, pieno e rotondo che fa leva su riffoni cadenzati e semplici, ai quali se togliamo la produzione iperpompata rimane assai poco di tangibile: se aggiungiamo che un certo flavour settantiano pervade di continuo ogni brano presente, con continui rimandi a Sabbath e soci, e che i vocalizzi/growls di
Jarkko Koukonen sono anch'essi decisamente ripetitivi e piatti ecco che che per digerire i 43 minuti di questo debutto ci vogliono chili e chili di magnesia effervescente e Fanta, che non è buona ma è tanta.
Un lavoro a mio avviso inascoltabile e specialmente dalla longevità pessima, che dopo 2 settimane uno non ricorda nè il nome della band nè il genere proposto: per me potevano continuare tranquillamente ad uscire con un EP autoprodotto all'anno da qui all'eternità, ma sul web son tutti voti dal 7,5 in su... O la Spinefarm ha unto bene, e allora la invitiamo a farlo anche su questi lidi, oppure ormai ai "critici" basta talmente poco per essere soddisfatti da non essere più credibili: forse basterebbe fargli pagare i promo per vedere crollare i giudizi.
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