I
Groan sono un quartetto britannico con all’attivo uno split con i doomer finlandesi Vinum Sabbatum ed un album d’esordio, “The sleeping village”, uscito nel 2010. Ora pubblicano un secondo capitolo, per la Soulseller.
Si tratta di gruppo dallo stile ondivago, che spazia tra diversi filoni: classic Heavy Metal, Stoner, Doom e quant’altro. Per descriverli, basta sottolineare il titolo di una delle migliori tracce, “How black was our sabbath” dal ritornello davvero incisivo, insieme al motto che considerano riassuntivo della loro filosofia: “when in doubt, rock it out”.
Chiaro che il lavoro è impregnato d’influenze seventies, su tutti Iommi e soci, ma è indubbio che gli inglesi abbiano ascoltato in modo massiccio gente come Cathedral, Orange Goblin, Sheavy e compagnia. Il songwriting rinfresca un poco la formula derivativa, offrendo buon groove heavy in “Magic man” e “Gods of fire” nonché le cadenze doomeggianti di “Dissolution” e perfino gli echi epici nella lunga title-track. Il punto di richiamo dei
Groan, oltre a saper scrivere pezzi decenti, sono due: la particolare voce di Andreas Maslen, una sorta di Pelander in tono minore, ed una sottile venatura ironica da “british humour” che emerge dai loro atteggiamenti
pseudo-cafoni e dalle dichiarazioni sempre in bilico tra vera devozione ai grandi del rock/metal e la presa per i fondelli.
Però, se togliamo qualche riempitivo ed un paio di song più deboli, rimane un materiale parecchio stringato per essere un full lenght. Comunque sono simpatici e tutto sommato fanno la loro sporca figura. Attendiamoli a prove di diversa consistenza.
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