E’ un peccato che formazioni come questa giungano al quarto album nell’indifferenza generale, segno di quanto sia sovraccarico lo scenario heavy. Anche se pare che solo il recente ingresso del bassista Carson Binks (fondatore dei bravi ma misconosciuti Djzenghis Khan) abbia spostato il sound dei
Saviours verso coordinate “neo-old”.
L’opener “The eye obscene” chiarisce immediatamente lo spessore della band: una perfetta miscela di doom rock, hard rock ’70 e classic heavy metal primi anni ’80. Le chitarre modulano riff potenti e si dividono il compito di lanciarsi nei continui solismi, mentre la voce enfatica di Austin Barber alimenta l’atmosfera quasi
epica del brano. Nella parte finale, sterzata decisa verso un metal roccioso e basilare, con la sezione ritmica che aumenta la velocità del brano. Tanto di cappello ai californiani.
Con la seguente “To the grave possessed” cresce la componente hard’n’heavy, proponendo un uso delle
twin guitars che restando ai tempi attuali ricorda da vicino nomi come Bible of the Devil o The Sword. Proseguendo, il clima tende a farsi ancora più rovente. Da “Fire of old” fino a “Walk to the light” è tutto un susseguirsi di cavalcate a briglia sciolta, chitarre urlanti e melodie con il timbro della Nwobhm. In particolare “Gods end” è un convulso godimento elettrico, anche grazie alla presenza come ospite di Isaiah Mitchell, axeman degli Earthless.
Peccato che l’ottimo lavoro dei Saviours sia datato addirittura 2011, misteri promozionali, altrimenti finirebbe senza dubbio nella mia playlist annuale.
Lo consiglio decisamente ai fans di Pentagram, Pagan Altar, Mount Carmel, oltre ai gruppi già citati.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?