Un'altra band scandinava di hard'n'roll? Ebbene si!
I Maryslim, giunti con questo "Split vision" al secondo disco in studio (l'autotitolato debutto era uscito nel 2002 per la mitica White Jazz) e autori anche di un'apprezzabile live - "Live n' loaded" (sempre nel 2002), propongono un robusto sleaze rock 'n' roll con qualche influenza punk, sulle orme di bands come i maestri indiscussi Hanoi Rocks, i Glucifier, gli Hellacopters, i Peepshows, i Backyard Babies e gli Hardcore Superstar, tanto per citare qualche nome. Sono probabilmente proprio questi ultimi (in particolare il loro secondo disco "Thank you …") la principale influenza dei nostri, soprattutto per la continua ricerca del coro melodico facilmente memorizzabile, rivolgendosi quindi al versante più mainstream del genere. I Maryslim sono comunque parecchio bravi in questo e riescono quasi sempre nel loro intento, anche se un pizzico di cattiveria in più, in qualche occasione, avrebbe sicuramente giovato al risultato finale. Le strutture delle canzoni sono tutte molto classiche all'interno del genere proposto; del resto in quest'ambito cosa si può chiedere di più se non melodie energiche, che facciano venire voglia di battere il piedino (come minimo …), linee vocali da cantare a squarciagola e assoli fluidi da poter replicare con la propria personalissima "air guitar"? Per queste ragioni è difficile segnalare alcune canzoni piuttosto che altre, in un album in cui comunque lo standard medio si mantiene su un buonissimo livello. La band, pur senza avere la potenza degli Hellacopters o la follia dei Turbonegro (i miei preferiti…), è sicuramente in grado di rivaleggiare, sullo stesso terreno, con buona parte dei gruppi precedentemente citati (soprattutto gli ultimi Hardcore Superstar), senza alcun timore. L'unico rischio, a questo punto, potrebbe essere solo il sovraffollamento e la conseguente saturazione, in un settore in cui le differenze tra le varie bands sono effettivamente minime e il successo o il fallimento è talvolta indipendente da aspetti squisitamente musicali, ma legato all'atteggiamento, al look, alle capacità promozionali o all'attitudine e se per quest'ultima mi sembra che i nostri siano decisamente sulla strada giusta, per tutti gli altri fattori non ci resta che attendere i prossimi passi del gruppo svedese (e della loro etichetta…), per capire quale sarà la risposta del pubblico nei loro confronti e se questa consentirà ai Maryslim di conservare lo status di buona underground band o di aspirare a qualcosa di più. La produzione, ad opera di Peter Tagtgren nei suoi famigerati Abyss Studios (tra l'altro il leader degli Hypocrisy e dei Pain suona anche le tastiere in "Bring it on", uno dei pochi episodi un po' sottotono del disco), sembra leggermente troppo pulita per il genere, ma globalmente garantisce un'efficace resa sonora.
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