In genere non mi sento molto portato a gradire le rock opera, specie se con un buon numero di ospiti. Una varietà di stili così ampia, a volte anche poco accostabili tra loro e spesso poco amalgamati, rischia inevitabilmente per rendere dispersivo il risultato finale.
In questo caso farò una delle rare eccezioni in proposito, non solo per il buon risultato finale, ma anche per il mio indissolubile amore per i teutonici Vanden Plas.
Cosa c'entrano? Molto, direi, visto che l'album è la risultante della cooperazione tra i ben 4/5 della band (G.Werno, S.Lill, A.Lill, A.Kuntz), tre elementi dei Pink Cream 69 (A.Koffler, D.Readman, D.Ward), Alex Beyrodt (Silent Force, ex Sinner), senza contare l'alternarsi di vari cantanti brano dopo brano, quali D.C.Cooper (Silent Force, ex Royal Hunt) coinvolto nella maggioranza dei brani presenti, insieme a Karin Forstner (autrice anche della storia narrata in questo concept) , Sabine Edelsbacher (Edenbridge), la voce lirica Isolde Grob......
La musica che nasce da questa cooperazione è inevitabilmente descrivibile come un impasto tra Vanden Plas, Silent Force, Pink Cream 69, un pizzico di Royal Hunt, ma con massicce e ben demarcate dosi sinfoniche ed alcuni momenti dilatati e strumentali. Il tutto che ovviamente acquista connotati differenti a seconda del cantante in quel momento coinvolto.
Tutti i brani presenti sono ottimi sia per composizione, che per arrangiamenti e resa dei vari musicisti in fase di registrazione.
Anche il mixaggio ad opera dello stesso Dennis Ward è buono e si sente.
Davvero difficilissimo scegliere personalmente i migliori momenti tra tutte le sedici tracce che caratterizzano la scaletta, ognuna funzionale alla storia, che viene peraltro ben narrata all'interno del ricco libretto che accompagna il cd.
In particolare ho apprezzato globalmente i brani cantati da D.C.Cooper, senza contare le spettacolari "Spirit Of Wisdom" con Andy Kuntz (eh sì, al cuore non si comanda...) e "Mother Earth" con Lory Williams.
Sicuramente l'episodio che m'ha entusiasmato di meno è la title track, non solo perchè generalmente poco propenso ad apprezzare le alchimie tra rock e lirica, ma anche per il motivo portante del brano, troppo, troppo, troppo platealmente vicino ad "Ytse Jam" dei Theater, tanto che mi sentirei di chiamarlo in causa più come una citazione, che come vero e proprio plagio.
"Missa Mercuria" è una realizzazione che ben può assecondare le aspettative dei fan dei musicisti coinvolti e dei seguaci di hard rock e metal sinfonici. Insomma, un ottimo album con ottima musica, se inquadrato come un semplice lotto di composizioni; un buon concept, migliore a mio parere di buona parte di quelli che ultimamente abbondano il mercato, ma sicuramente non rivoluzionario, se inquadrato globalmente come rock opera.
Se inteso riferendoci alla prima accezione, credo che l'otto ci sia tutto. Con la seconda si scende un po'.
In pratica, tutto può dipendere da come vorrete porvici......spero di aver reso l'idea in modo adeguato.
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