E’ successo ancora: in questi giorni ho buttato giù una manciata di dischi di band straniere, che non hanno fatto altro che accrescere la noia e togliere inutilmente qualche settimana di vita ai miei timpani. E poi, la luce: arriva una band italiana e riporta la pace nel mio animo. Non si tratta di nazionalismo, però, badate bene: si tratta come sempre del fatto di avere tra i nostri confini tante band che danno la paga (e uso il termine paga perché sono un signore) a ben più blasonati gruppi stranieri.
Questi ragazzi meritano di avere un contratto con la Scarlet, meritano di crescere e di trovare successo, perché un album così non si scrive per caso. Bastano i primi secondi dell’opener a convincere: lo senti subito quanto talento, quanta preparazione e quanta determinazione c’è. Uno stile decisamente vicino a quanto di buono è stato fatto nel mondo hard rock e metal a partire dagli anni ’90, riff carichi di groove, vocalità sporca, graffiata e dannatamente efficace. L’attenzione per la melodia è sempre presente e regna soprattutto nei refrain, dove la band riesce sempre a risultare efficace con soluzioni ben poco innovative ma davvero riuscite. I brani scorrono veloci, uno dopo l’altro, mostrando un certo gusto per qualche inserto sperimentale, una vena grunge decisamente piacevole e anche un po’ di sana voglia di picchiare. Soprattutto, però, quello che salta all’orecchio è che siamo di fronte a un gruppo con una personalità forte: una volta capito il mondo dei Rhyme, puoi identificare con tranquillità una loro canzone. Avere un marchio di fabbrica riconoscibile, per far bene nel mondo della musica, non è importante, ma fondamentale.
Quindi bravi Rhyme, avanti così! E voi, che leggete, non siete ancora andati a cercarli? Forza!
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