Mamma mia che discone! Se gli Anathema non avessero pubblicato Weather Systems quest'anno,
Zeros sarebbe stato al primo posto della mia top ten del 2012. Due full lenght ed un ep dal 2010 ad oggi ed ognuno è un perla da suonare ad alto volume nel vostro stereo. No, nemmeno. Vestitevi di nero, uscite a vivere la notte, portando i
The Soft Moon con voi. La new sensation del dark/post punk ci regala un album che parte col botto sin dalla opener, ironicamente intitolata
It Ends, e che attraverso dieci tracce recupera il meglio di un periodo irripetibile, quegli anni '80 di nomi come Chrome, Suicide, Danse Society, Joy Division, primi Swans, reinterpretandolo in maniera originale, secondo il genio di
Luis Vasquez. Ritmo incalzante, chitarre nervose di derivazione punk, noise e sperimentazioni industrial per paranoie e alienazioni della grande città; suoni cupi per una pulsante anima notturna. Le parti cantate sono ridotte al minimo e la maggior parte dell'album è strumentale. Non c'è un solo titolo che non sia il top:
Machines, con il suo abrasivo industrial;
Zero, con la chitarra ed il basso della band di Ian Curtis;
Insides, che ai Joy Division unisce i Cure, ammorbidendo un attimo i suoni;
Remembering The Future, con stridenti parti elettroniche;
Lost Years, la cui cupezza è accentata dall'angoscioso cantato.
ƨbnƎ ƚI inzia con un respiro pulsante, quasi affannoso: si svela il pulsare del cuore al ritmo delle fredde luci al neon, della vita notturna nella metropoli, di auto che continuano a sfrecciare dirette verso l'ignoto... e poi si interrompe, come se ci lasciasse in sospeso. Ma basta guardare come è scritto il titolo, per capire che si tratta dello specchio della opener e, come tale, fine e inizio si ricongiungono in un cerchio: uno zero. Da notare che San Francisco ha dato i natali ad un'altra grande band post punk, gli Interpol.
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