A partire dalla copertina, in bianco e nero, una sorta di immagine bondage anni '50, veniamo catapultati in un'atmosfera oscura e soffusa da
Steven Wilson e la sua ciurma in questo quarto album della band dal titolo "
Signify" (1996).
Dopo una sinistra intro con voci robotiche, parte la title track, brano strumentale che mette subito in chiaro quello che sarà lo stile che ascolteremo nella prossima ora, ovvero musica psichedelica e soffusa sorretta da tappeti di sintetizzatori e bassi ipnotici.
A seguire "
The Sleep of no Dreaming" che per chi scrive è sicuramente la hit di questo LP, dopo una partenza su un tappeto di organo il brano è sorretto da un giro di basso quadrato e preciso che ci accompagna al ritornello in cui la voce di Steven è filtrata ed evocativa per sfociare nel finale in cui le chitarre si intrecciano al unisono con l'organo in un assolo prolungato.
Dopo un intermezzo strumentale di un minuto arriviamo al brano "
Waiting", suite suddivisa in due parti. La prima parte ("
Phase One") è introdotta da un ritmo tribale di percussioni per diventare una classica rock ballad acustica che va a chiudere in un lungo assolo di chitarra slide, mentre le seconda ("
Phase Two") anch'essa sorretta da percussioni tribaleggianti si sviluppa come un brano jazz in uno stile che ricorda i Pink Floyd dell'epoca "A Momentary Lapse of Reason".
"
Sever" è un altro brano dal sapore psichedelico in cui un cantato arabeggiante è sorretto da un ponte di accordi distorti e aperti e da un giro di batteria martellante ed ipnotico, la traccia numero otto è quella più Hard Rock nel senso lato del termine, parliamo di un lungo brano strumentale che si snoda su una struttura portante di basso, sintetizzatori ed un tamburello che richiama echi orientali, mentre la chiusura è affidata ad un massiccio assolo di chitarra in crescendo di scale maggiori. La successiva "
Every Home Is Wired" è una rock ballad delicata che ci accompagna alla parte finale del album, quella più oscura e claustrofobica con la strumentale "
Intermediate Jesus", altro brano che sembra uscito dalla penna di Roger Waters and company, in cui gli strumenti sono apparentemente sconnessi tra loro, sorretti tra suoni lisergici da rullate insistenti sui tom e da un basso che qua si fa davvero cupo ed asfissiante.
Se amate le sonorità soffuse e psichedeliche fate vostro questo disco, che potrebbe tranquillamente essere un raccordo tra quello che sarebbero potuti essere i Pink Floyd (impossibile non citarli) negli anni 2000, e band rock contemporanee dedite ad un rock colto ed elettronico.
Recensione a cura di Davide Avigo
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