Devo ammettere di aver seguito in maniera abbastanza superficiale la carriera di questi
...And You Will Know Us by the Trail of Dead, fatta di alti e bassi, ma anche in assenza di un’
impeccabile preparazione specifica, mi sento di affermare in tutta tranquillità che “Tao of the dead” è da annoverare tra le eccellenze realizzate dagli estrosi texani.
Impreziosito da uno splendido
booklet di undici pagine contenente la
graphic novel “Strange news from another planet – The voyages of the festival thyme”, ad opera del cantante e chitarrista Conrad Keely, il settimo
full-length dei Trail Of Dead vi condurrà in un universo “parallelo” in cui riescono a convivere disinvoltamente creature sonore piuttosto diverse come
noise,
prog,
psichedelia,
punk,
kraut-rock,
indie e addirittura un pizzico di
brit-pop, rendendo l’evocazione contemporanea di Pink Floyd, Beatles, Jesus Lizard, Genesis, Rush, Sonic Youth, Van Der Graaf Generator, Yes, Neu! e Who, un’operazione “semplice” e “naturale”, arrivando altresì a coinvolgere nelle suggestioni uditive pure bagliori di Oasis, Jane’s Addiction, Muse, At The Drive In e Foo Fighters.
“Tanta roba”, insomma, eppure tutto fluisce con le caratteristiche di un piccolo incantesimo in musica, in cui s’incastonano panorami visionari, scintille cinetiche, assalti catartici e estatici barocchismi, avvolti da un gusto
popedelico di squisita fattura.
Ciò non implica una particolare “immediatezza” e anzi, probabilmente in passato si erano ottenuti risultati migliori da questo punto di vista e tuttavia anche talune sporadiche verbosità non inficiano una valutazione ampiamente positiva.
In tale contesto, arrischiarsi in una selezione dei brani o in un eventuale dettagliato
track-by-track risulta particolarmente arduo, ed è per questo che mi limiterò a consigliare “Pure radio cosplay” (con tanto di citazione Stones-
iana), “Summer of all dead souls” e “The wasteland” a chi pensa che i “classici” siano fatti per essere “aggiornati” con grande temperamento, “Cover the days like a tidal wave” e “Fall of the empire” a chi si lascia sedurre dal potere di un turbinoso crescendo emotivo, “Spiral jetty” a chi cerca digressioni leggermente più sperimentali, “Weight of the sun (or the post-modern Prometheus)” agli amanti delle dicotomie espressive sviluppate con classe innata e “Ebb away” a tutti quelli che si accontentano di un pezzo “solo” piuttosto gradevole nella costruzione armonica.
All’appello mancano ancora gli estimatori dei decolli frenetici e vorticosi di derivazione
teutonica e i fanatici delle
suite ad elevato tenore di straniamento sensoriale, e per la loro compiacenza “Tao of the dead” offre “The Fairlight Pendant” e i sedici minuti di “Strange news from another planet”, rispettivamente, altri due momenti complessivamente assai suggestivi e coinvolgenti.
Chiamatelo
rock evoluto, se volete, e poi lasciatevi risucchiare dai suoi gorghi senza timori … soddisfazione assicurata.
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