Ai tempi della mia “fanciullezza” da
rockofilo, un gruppo italiano di
hard melodico che arrivava ad essere sponsorizzato da una
label americana era un
evento da accogliere con smodato entusiasmo, e anche se oggi le cose sono fortunatamente migliorate sotto questo punto di vista, non si può fare a meno di aspettarsi parecchio da questi
Bad Memories, capaci di convincere la Perris Records al patrocinio discografico per il loro primo
full-length.
Ebbene, “Forced to be a stranger” dimostra la competenza e la lungimiranza dell’etichetta statunitense, poiché ci consegna un gruppo sicuramente preparato e disinvolto, forgiato sui classici del settore e sufficientemente sensibile e “intelligente” da non incorrere in una loro sterile rilettura.
Tuttavia, ai nostri manca ancora un pizzico di personalità, la stesura dei brani, pur degna di ammirazione, appare talvolta leggermente “acerba”, così come il suono complessivo del disco sembra un po’ “snervato”, privo di quella scintilla creativa e di quella fibra interiore in grado di fare la differenza in un genere tanto rigoroso sotto il profilo stilistico.
All’effetto concorre probabilmente pure la mancanza di un briciolo di esplosività nella resa sonora (soprattutto nella sua componente ritmica), ma, come anticipato, ritengo più determinante un processo di “maturazione” presumibilmente non ancora ultimato, sebbene già molto ben avviato in molti dei momenti disponibili all’interno del programma.
Impossibile, infatti, almeno se si è estimatori di Danger Danger, Survivor, House of Lords e Foreigner, non rilevare la classe di pezzi dalle melodie raffinate ed incisive come "Never too hard” e "Shadow in this life”, mentre “Memories”, la
title-track e la squisita "Crossroads” espongono con gusto e sagacia la vocazione al virile sentimento posseduta dalla formazione toscana.
Il materiale restante si divide tra stoccate ad un soffio dal “bersaglio grosso” (la
pomposa "Reach the high”, a cui manca solo un pochino di
verve vocale, “Shooting star”, che ridimensiona una bella atmosfera tra Asia e Survivor con un
refrain non completamente all’altezza della situazione …) e gradevolezze più prevedibili ("Tears of anger”, "Our love is dead”).
In definitiva, la sensazione è che la Perris abbia visto giusto nel promuovere questa band e che il suo campo visivo sia ampio e acuto, avendo individuato delle potenzialità magari al momento espresse solo in parte, ma talmente evidenti da meritare un fondato
investimento in “prospettiva”.
Non resta che continuare a sostenere i Bad Memories, consentendo loro di “crescere” fino ad ambire all’eccellenza della
Scuola Italiana dell’AOR, finalmente oggetto di meritato riconoscimento internazionale.
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