Pur dopo ripetuti ascolti, gli
Holy Grail non riescono proprio ad entusiasmarmi: infatti, continuo a vedere il loro secondo album, "Ride the Void", come un lavoro poco spontaneo e un po' troppo studiato.
Il gruppo è stato formato da alcuni
transfughi dei White Wizzard (altra formazione a
stelle e strisce che con il loro ultimo disco non mi ha certo convinto), in quanto sia il batterista Tyler Meahl sia il cantante James-Paul Luna erano presenti sui loro primi lavori, e per quanto entrambe le formazioni manifestino la loro fedeltà al più Classico Heavy Metal, gli Holy Grail si scoprono meno influenzati dalla scena europea (attuale e passata) e sopratutto maggiormente aperti alla ricerca di soluzioni moderne e diversificate, andando ad abbeverarsi a più fonti.
Che di per se non sarebbe certo un difetto, ma che su "Ride the Void" non sempre gli riesce bene, per un songwriting talvolta dispersivo ed quel guitarwork in alcuni casi fin troppo esasperato, diciamo quasi alla Dragonforce, ma pure, per esempio, a causa d alcuni inutili passaggi in growl, come quelli nell'aggressiva ma dispersiva "Bestial Triumphans", o per le rovinose tentazioni Metalcore di "The Great Arctifice", e così anche le chitarre acustiche sul brevissimo interludio "Wake Me When It's Over", sembrano suonare un po' pretestuose.
Di buono ci lasciano invece la performance del già citato James-Paul Luna ed una manciata di pezzi sopra la media, come la scattante "Bleeding Stone", il bel tiro di una "Silence the Scream", dove gli Holy Grail sembrano lasciarsi andare a briglie sciolte, nell'affrontare il
solito Metal tradizionale con un approccio più moderno e sbarazzino, ed anche la conclusiva e sofferta "Rains of Sorrow", che svela un D.N.A. più Rock che Metal.
Che i nobili cavalieri riprendano pure la ricerca del Santo Graal…
Well, it's a dirty job but someone's gotta do it
And it's a dirty review but someone's gotta write it ...
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