Von - Dark Gods: Seven Billion Slaves

Copertina 5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2013
Durata:54 min.
Etichetta:Von Records

Tracklist

  1. THEY HAVE COME
  2. ANCIENT FLESH OF THE DARK GODS
  3. HANDS OF BLACK DEATH
  4. DARK GODS
  5. MONSTER!
  6. DEVILWHORE
  7. IAMINHUMAN
  8. RAWROT
  9. BLACK EYES

Line up

  • Venien: Bass, Vocals
  • Charlie Fell: Drums
  • Lord Giblete: Guitars

Voto medio utenti

Dopo essere riusciti ad esordire l'anno scorso con il loro primo album di lunga durata a vent'anni dalla loro nascita, i "mitici" Von ci prendono gusto e rilasciano, per la loro etichetta personale Von records, "Dark Gods: Seven Billion Slaves" primo episodio di quella che sarà la trilogia "Dark Gods".

La prima notizia è che nel titolo del disco non ci sono "blood" e nemmeno "satanic", parole che sembrano ossessionare il leader Venien e sempre utilizzate prima di adesso.
La seconda notizia, quella peggiore, è che questo album è brutto.

Mi spiego.

I Von avevano senso vent'anni fa. Avevano senso come precursori di un certo modo di intendere il metal estremo. Avevano senso come fonte di ispirazione per i norvegesi che, all'epoca, stavano forgiando il black metal.
Adesso no. No davvero.
"Dark Gods: Seven Billion Slaves" è un album che non ha nulla da dire. Le sue composizioni, che per carità risultano oscure e dannate, sono banali, superate e fastidiosamente troppo lunghe.
Non c'è una sola nota che si lasci ricordare, sia che il gruppo vada sparato ad alta velocità, sia che rallenti offrendoci momenti più d'atmosfera o che sconfinano nell'ambient esoterica: tutto ha lo spiacevole gusto del noioso, del poco avvincente.
Certamente è vero che il proto-black metal degli americani è particolare, caratterizzato come è da un'aura opprimente e da un cantato molto profondo ed inquietante, ma è anche vero che non bastano due note in croce, ripetute alla nausea praticamente su ogni brano, per fare un bel disco, a meno che non ti chiami Burzum e tu non sia un genio, ovviamente.

Io preferisco ascoltare i primi demo di questo gruppo perchè quelle cassette avevano il fascino del male che tanto ammaliava noi ragazzi dell'epoca, ma di questo nuovo lavoro faccio volentieri a meno.
Vedete voi come porvi.
Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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