Dopo essere riusciti ad esordire l'anno scorso con il loro primo album di lunga durata a vent'anni dalla loro nascita, i "mitici"
Von ci prendono gusto e rilasciano, per la loro etichetta personale Von records,
"Dark Gods: Seven Billion Slaves" primo episodio di quella che sarà la trilogia
"Dark Gods".
La prima notizia è che nel titolo del disco non ci sono
"blood" e nemmeno
"satanic", parole che sembrano ossessionare il leader
Venien e sempre utilizzate prima di adesso.
La seconda notizia, quella peggiore, è che questo album è brutto.
Mi spiego.
I
Von avevano senso vent'anni fa. Avevano senso come precursori di un certo modo di intendere il metal estremo. Avevano senso come fonte di ispirazione per i norvegesi che, all'epoca, stavano forgiando il black metal.
Adesso no. No davvero.
"Dark Gods: Seven Billion Slaves" è un album che non ha nulla da dire. Le sue composizioni, che per carità risultano oscure e dannate, sono banali, superate e fastidiosamente troppo lunghe.
Non c'è una sola nota che si lasci ricordare, sia che il gruppo vada sparato ad alta velocità, sia che rallenti offrendoci momenti più d'atmosfera o che sconfinano nell'ambient esoterica: tutto ha lo spiacevole gusto del noioso, del poco avvincente.
Certamente è vero che il proto-black metal degli americani è
particolare, caratterizzato come è da un'aura opprimente e da un cantato molto profondo ed inquietante, ma è anche vero che non bastano due note in croce, ripetute alla nausea praticamente su ogni brano, per fare un bel disco, a meno che non ti chiami
Burzum e tu non sia un genio, ovviamente.
Io preferisco ascoltare i primi demo di questo gruppo perchè quelle cassette avevano il fascino del male che tanto ammaliava noi ragazzi dell'epoca, ma di questo nuovo lavoro faccio volentieri a meno.
Vedete voi come porvi.
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